E noi uomini?
In questi giorni si sta ragionando molto di azioni comuni, di modi di mettersi in rete, di ruolo della rete e delle azioni esterne alla rete.
Ma noi? Noi uomini intendo, come parteciperemo a tutto questo? Come faremo nostre le riflessioni e le discussioni, come porteremo i nostri contributi?
Perché credo sia indispensabile che si partecipi.
Non possiamo rimanere a guardare con sufficienza la “discussione delle donne”.
C’è un dovere sociale e politico di cui dobbiamo farci carico e a cui affiancarci, un’urgenza più che un dovere probabilmente.
Dobbiamo essere parte della richiesta di cambiamento, dobbiamo dire noi per primi che siamo stanchi di essere: schiavisti, assassini, stupratori, guerrafondai. Va combattuta l’impostazione di chi dice “io non sono parte del problema”, facendosene carico per primi anche quando lo vediamo in altri, per combattere quella che rischia di diventare una colpevole connivenza silenziosa.
Non voglio essere così, non voglio fare parte di qualche cosa che non si rende conto dell’oppressione che genera, non dobbiamo essere così.
Dobbiamo essere al fianco di ogni lotta e di ogni rivendicazione che smonti questo sistema, ha ragione la Lipperini, quando parla di un rifiuto della politica dei due tempi, “prima i soldi poi i diritti”, aggiungo che noi uomini non possiamo pensare che ce ne possa essere uno ulteriore.
In un progetto politico devono stare insieme le lotte per il lavoro e quelle contro gli stereotipi, la richiesta di una scuola migliore e quella di avere il diritto a vivere la propria individualità al pari di ogni altra persona, indipendentemente dal sesso e dall’orientamento sessuale.
E’ un’impostazione maschile, quella che pensa di poter lottare contro l’abolizione dell’articolo 18 e non tenere conto della legge sui licenziamenti in bianco o sulla parificazione della gravidanza alla malattia nei nuovi contratti FIAT.
Per pensare a qualche cosa di nuovo non possiamo condannare il razzismo e darci dei culattoni a vicenda con il sorriso sulle labbra.
Il no alla guerra deve essere tanto forte, sia che questa sia fra stati che fra generi.
Dall’inizio dell’azione in Afghanistan sono morti, ad oggi, 49 soldati italiani.
Ogni anno, in Italia, vengono compiuti oltre cento femminicidi.
Dobbiamo svegliarci e toglierci le bende dagli occhi, non stiamo parlando di questioni secondarie o di poco conto, di punti rimandabili dell’agenda.
Se vogliamo pensare un mondo nuovo, deve esserlo in tutto oppure non cambieremo nulla e come uomini e come persone dobbiamo fare parte di questo cambiamento.
Giovanna Cosenza, propone delle azioni di lobbying per poter dettare un’agenda di azioni che impegnino la politica a tutti i livelli, credo sia doveroso farne parte.
e tu pensi che dicendo che noi uomini siamo tutti stronzi migliori a situazione e/o sei più bravo degli altri?
eccolo, me l’aspettavo proprio un commento come quello di Claudio.
ti risulta che l’autore dell’articolo abbia scritto che gli uomini sono tutti stronzi?
a me non pare. ha soltanto voluto incoraggiare una presa di coscienza. è qualcosa di meschino o possiamo lasciarglielo fare?
Se ho capito bene il discorso di Juri credo che abbia colpito molto nel segno. Le ricollego a questa opinione di Marco Gesualdi (un allievo di Don Milani impegnato nell’associazionismo):
“In Italia esiste un panorama di associazioni e movimenti sociali estremamente ricco che non però non riesce ad esprimere tutto il suo potenziale perché è troppo disgregato e ripiegato su stesso. All’interno di questo variegato mondo ognuno insegue il proprio progetto: commercio equo, diritto all’acqua, slow food, finanza etica, diritti degli immigrati. Progetti belli, importanti, ma pur sempre orticelli… Chi fa commercio equo non sente di avere molto da spartire con chi si occupa di ripubblicizzare l’acqua, chi si occupa di pace non si sente di avere molto da condividere con chi si occupa di sobrietà anche se le guerre si scatenano sempre di più per il controllo delle risorse…. Persa la capacità di fare movimento ci stiamo trasformando in gruppi professionalmente impeccabili, politicamente insignificanti. Moscerini, che a seconda dei calcoli di convenienza del potere, possono finire schiacciati al suo tacco o risucchiati nel suo grande ventre…siamo tutti intenti a fare la punta al nostro lapis, non lo posiamo mai sulla tela per abbozzare un disegno comune”.
La questione femminile può diventare un altro orticello o una chiave di rottura, forse non è esagerato pensare che potrebbe essere LA chiave di rottura. Certo richiede coraggio (o forse solo chiarezza) nel senso che si abbadonano i discorsi sul ‘trasversalismo’ per approdare a una visione più focalizzata e inevitabilmente meno condivisa, perché a quel punto stai davvero ‘facendo politica’ anche senza vessilli di partiti. Del resto, riprendendo quello che dice Juri, questa scelta si pone davanti a realtà impegnate in altri campi, penso ad esempio all’ambientalismo.
Ha detto che noi uomini siamo “schiavisti, assassini, stupratori, guerrafondai”, ovviamente invece le donne sono tutte sante.
Ma si rimorchia con questo “metodo”?
Serena, ti dispiace se la discussione “tra uomini” ce la gestiamo “tra uomini”, non c’è bisogno che voi donne veniate sempre a mettere bocca dappertutto, se una volta nella vita state zitte non è che muore qualcuno!
Non penso ci sia una discussione “tra uomini” anzi penso debba esser e il più ampia possibile e che coinvolga chiunque voglia parteciparvi.
Spero anche si possano tenere bassi i toni, esasperare il livello della discussione non aiuta la comunicazione.
Non mi reputo ne migliore ne peggiore di altri, ma non voglio nascondermi nello stare zitto. Quando parlo di un rischio di una connivenza silenziosa, intendo che il sentirsi esterni al modello non deve voler dire non vederlo, non criticarlo e non cercare di cambiarlo e soprattutto non è sufficiente dirsi da soli di essere esterni ad un problema perchè questo sia vero.
Il mio invito è che, anche come uomini, si inizia ad essere parte di una ragionamento che tenga come base fondante della modificazione anche la prospettiva di genere.
Scusate i periodi un po’ intorcinati, ma ho un po’ sonno e non mi sono venuti benissimo 😛
Posso dire la mia, ovviamente in maniera educata e rispettosa? Ormai gli uomini vengono accusati di tutti i mali del Mondo e, se ci fate caso, questa era la stessa cosa che succedeva agli ebrei durante il Nazismo. O meglio, ormai “uomo” è sinonimo di male assoluto. Tu stesso hai scritto che tutti gli uomini sono “schiavisti, assassini, stupratori, guerrafondai”. Le donne, invece, vengono dipinte come il bene assoluto. Come la salvezza del Mondo. Non a caso, femministe e femministi non fanno altro che ripetere che “le donne dovrebbero governare il Mondo, così non ci sarebbero più guerre, malattie, fame e via dicendo”. La storia passata e presente, però, dice ben altro: penso per esempio alla Thatcher, alla Rice, alle signore che si divertivano a torturare i prigionieri nei campi di concentramento nazisti o alle soldatesse di Guantamano. Ma basterebbe citare anche le femministe per smentire certe teorie misandriche. O quelle donne che rovinano certi poveracci con false accuse, mantenimento e figli negati. Inoltre le donne sono le principali protagoniste del peggior crimine che un essere umano possa commettere: la violenza sui bambini. Insomma, mi pare chiaro che le donne non possano permettersi di fare la morale agli uomini. Una donna che fa la morale agli uomini è come un mafioso che fa la morale ad un camorrista.
Ecco, a tal proposito vorrei fare alcune riflessioni. Primo: perchè nessuno criminalizza l’intero genere femminile per le porcate di una minoranza di donne? E, peggio ancora, perché addirittura c’è chi giustifica le donne pure quando uccidono i bambini? Secondo: perchè le donne non si prendono le proprie responsabilità e non fanno “autocritica di genere”, così come state facendo voi e come consigliano a noi, a seguito delle porcate combinate da molte loro “sorelle di sesso”? Terzo: perchè esistono uomini che, anzichè difendere la propria categoria, appoggiano i deliri di questa minoranza (per fortuna) di sessiste? Quarto: d’accordo con Claudio, agli uomini ci pensano i diretti interessati. Io potrei anche essere aperto ad una discussione simile, ma che c’entrano le donne? Cos’è, loro sono i “giudici” che decidono come dobbiamo essere, ovviamente pensando solo ed esclusivamente al benessere femminile, e noi eseguiamo come degli schiavetti? Perchè questo è ciò che sta succedendo: le femministe danno gli ordini e voi uomini femministi eseguite come degli schiavetti. Massimo rispetto per le donne -ovviamente quelle non femministe perchè non potrei mai rispettare chi mi odia- ma non sono le nostre mammine. Sono delle estranee che, in quanto tali, non devono ficcare il naso in terra straniera. E lo stesso discorso vale a parti invertite. Inoltre, per come la vedo io, si stanno rendendo conto che la parità conviene solo agli uomini e quindi ora vorrebbero creare dei nuovi ruoli a misura di donna. Ecco perché parlano di “femminismo della differenza” e di “riduscutere il ruolo dell’uomo”. Ormai è troppo tardi, io non voglio ruoli: parità assoluta, sia nel bene che soprattutto nel male. E per parità intendo parità vera, quindi addio protezione e cura nei confronti della donna. Ecco, voi uomini che difendete le donne state andando contro il principio di parità richiesto dalle femministe. Niente ruoli: ognuno si arrangi da solo. Io cucino, stiro, mi lavo la roba da solo, etc etc e non chiedo nulla alle donne, motivo per cui non mi sposerò mai e non muoverò mai un dito per loro. Ognuno a casa sua. Quinto: “E’ un’impostazione maschile, quella che pensa di poter lottare contro l’abolizione dell’articolo 18”. D’accordissimo: “il” Fornero è un bel maschione travestito da donna femminista. Ma non solo lei. Sesto: il femminismo è sessista come il maschilismo, come dimostrano i continui insulti e le numerose leggi anti maschili presenti nella nostra società.
Ma ai grandi interrogativi di NumberTen aggiungerei: siamo uomini o troll?
Igor, bollare come “troll” chiunque si AZZARDA ad avere MEZZA opinione differente non mi sembra un comportamento intelligente, volete discutere “tra uomini”? E allora rendetevi conto che non tutti la possono pensare come voi, o forse pretendete di schioccare le dita e tutti scodinzoliamo come cagnolini. Se invece pretendete che tutti prendiamo come oro colato ogni vostra virgola allora non veniteci a dire “vogliamo confrontarci”, dite “dovete pensarla così perché lo dico io, punto e basta!”
Siamo seri, su!
Juri, se la discussione riguarda “noi uomini” è bene che ce la gestiamo tra noi, se le femminucce una volta tanto stanno in silenzio ed ascoltano non è la fine del mondo, non è necessario intervenire sempre, una volta nella vita si può anche stare ad ascoltare, io nelle discussioni “tra donne” non ci vado a mettere il naso. I toni io li tengo bassi, certo che se poi mi si viene a provocare (come spesso qualcuna fa) allora rispondo a tono, e non mi si può certo rimproverare.
Venendo al nocciolo della questione, quello che io non posso accettare è che qualcuno arrivi a bollare il mondo maschile come “schiavisti, assassini, stupratori, guerrafondai”, non va bene, chi l’ha detto che gli uomini sono questo? Siccome ci sono uomini così allora sparo a zero? Eh no, perché se “siccome ci sono uomini così allora siamo tutti così”, allora si potrebbe tranquillamente dire che le donne sono prostitute, raggiratrici, violente coi bambini, parassite nei confronti dei mariti, instabili e via discorrendo, solo che se uno solo si azzarda a pensarla una cosa del genere viene subito bollato come “maschilista” o “misogino”, se non di peggio.
Non si può accettare che vengano usati così sfacciatamente due pesi e due misure, non si può partire dal presupposto che il genere maschile è colpevole e quello femminile è la vittima.
Impostata in questo modo la discussione non è seria
Sulla serietà e sui Troll, visto come inviti dalla tua pagina Facebook a parteciapre alla discussione mi pare ci sia poco da dire 🙂
“Claudio
Che dite? Gliele lasciamo 2 pernacchie? Io ho già commentato” segue il link a questo articolo.
Quando ti approccerai in maniera diversa dispostissimo a confrontarmi, anche se qui non troverai mai un luogo in cui discutere tra “veri” uomini e i cui tenere fuori le “femminucce”. Dai non abbiamo otto anni
Vedo che preferisci svicolare ed evitare gli argomenti, anche perché hai capito benissimo che il tuo discorso è pieno di contraddizioni e non ha né capo né coda.
Resta da capire se ti sei fatto fare un pesante lavaggio del cervello, o semplicemente sei un furbaccione in cerca di rimorchio, in questo caso lascia perdere, non credo che funzioni.
Che dire? Speriamo che un giorno trovi una che ti spenna fino all’osso in fase di separazione, vediamo se fai ancora il femminista.
Tranquillo tolgo il disturbo, e scusa se ho provato a svegliarti, torna a dormire, per fortuna quelli come te non sono tanti.
Per quelle come Serena: io vi farei sentire volentieri cosa dicono sulle donne tanti uomini presunti “illuminati” o “progressisti” quando si trovano solo tra uomini (es. negli spogliatoi o n pausa pranzo): “rimpic….ni” è il termine più gentile che vi rivolgono, meditate “signore” femministe meditate!
Bacio le mani!
Spiacente, Juri, ma pur dissociandomi dal tono aggressivo e dalle frecciatine di basso livello dei nostri “colleghi”, devo dire anch’io che trovo il tuo articolo impostato male. C’è sempre una sorta di incomunicabilità tra le istanze del femminismo e le posizioni culturali maschili, perché si usa il linguaggio sbagliato e si toccano le corde sbagliate.
Quel che traspare dai commenti contrari qui sopra è proprio questo: sentirsi in qualche modo attaccati e messi sotto accusa, facendo leva su una “presa di coscienza” di comportamenti negativi che, però, non appartengono al maschio in quanto tale e di cui è sbagliato far pesare la colpa su un intero genere.
A me sembra che la retorica del femminismo attuale sia piuttosto stanca, e che i concetti su cui batte debbano essere rivisti. Proprio in queste pagine si parla di “pluriverso” femminile, contrapposto probabilmente a “universo” maschile: è già qui un errore possibile, volendo amalgamare tutti gli uomini con le loro singolarità in un modello maschile predefinito sotto il nome di patriarcato. Tu stesso, Juri, parli di modello comportamentale da cui distaccarsi, e di partecipare attivamente alle lotte per l’emancipazione femminile anche se non ci ritroviamo in quel modello: questo è pure errato, perché reiteri l’idea che noi uomini siamo per natura potenziali stupratori e assassini misogini e dovremmo esserne coscienti anche se non stupriamo e uccidiamo le donne. A cosa credi che porti questo? A reazioni sgradevoli come quelle che hai visto.
Mi sembra che l’azione femminista tenti di far assumere ai maschi una mentalità femminile, ma questo è quasi impossibile, la maggior parte degli uomini non può mettersi a pensare come una donna, perché qui entrano in gioco proprio le differenze di genere su cui il femminismo stesso batte. Allora bisogna cambiare il modo di comunicare perché, caro Juri, io personalmente non ho mai alzato le mani su una donna, non ho mai violentato né sottomesso in altri modi nessuna, eppure dovrei scontare le colpe di qualcun altro per il solo fatto di essere maschio, a seguire il tuo ragionamento. Così non si va lontano. Io non devo dimostrare di essere una persona migliore a nessuno né ottenere il plauso e il rispetto di una presunta parte migliore della società, specie per distinguermi da bestie che seguono solo la direzione in cui punta il loro pene. Io so molto bene chi sono anche senza schierarmi al fianco delle femministe.
Serena, se ti aspettavi dei commenti come quelli di cui sopra, dovresti sapere che è molto difficile fare breccia con argomenti e linguaggi “interni” alle discussioni tra donne. E’ giusto e buono che molti siti come questo invitino gli uomini non a fare inutili mea culpa su cose che probabilmente non li riguardano, bensì a parlare, a esprimersi su ciò che sentono; però è importante rendersi anche conto che con voi posso parlare io, disposto a conoscere le vostre istanze di genere, ma il problema vero sono i violenti e i misogini e loro non verrano mai a parlare con voi perché non vi considerano nemmeno in grado di pensare (dato che loro per primi non ne sono capaci). A che serve parlare di autocoscienza e sensi di colpa con gente del genere?
Io penso che al di là di problemi gravi e specifici del genere femminile, sul lavoro come in famiglia, dovremmo smettere di contrapporre uomini e donne, maschi e femmine, e iniziare a parlare di persone.
Non sono d’accordo.
Farsi carico di un problema, accettarlo come tale e quindi ragionare per risolverlo non vuol dire esserne per forza la causa.
Per sistema patriarcale si intende appunto un sistema, che pone il lato etero maschile della società in una situazione di vantaggio rispetto al resto della stessa. La risposta a questo deve essere politica non personale, bisogna partire dal personale per riportarlo ad una impostazione generale non il contrario.
Se dico, semplifico, l’omofobia ha una radice maschile che va affrontata e risolta non posso rispondere: io non sono omofobo e pensare che questo sia sufficiente.
Intendo questo quando dico: “Dobbiamo essere al fianco di ogni lotta e di ogni rivendicazione che smonti questo sistema, ha ragione la Lipperini, quando parla di un rifiuto della politica dei due tempi, “prima i soldi poi i diritti”, aggiungo che noi uomini non possiamo pensare che ce ne possa essere uno ulteriore.”
Seguendo una linea simile a quella che proponi ed estendendola allora dovrei dire: non mi preoccupo per il riscaldamento globale perchè io non taglio alberi 🙂
Se non condividi il mio modo di inquadrare il problema parliamone, approfondiamolo, ma non aggiriamolo chiamandocene semplicemente fuori.
Sulla conclusione invece concordo, non si tratta di una contrapposizione quella di cui parlo, ma di un ragionamento comune a cui però non possiamo sottrarci demonizzando la discussione
Claudio: tutto ciò è positivo. Il femminismo è sempre stato un movimento fanatico e sessista, così come il maschilismo che condanno alla stessa maniera perché io sono per la parità ed il rispetto reciproco, che si basa sul nulla assoluto. Fino a poco tempo fa reggeva bene perché non aveva un minimo di contraddittorio serio. Oggi, grazie ad Internet, gli uomini sono più informati e liberi di rispondere alle loro vaginate sessiste. Morale della favola: le signorine femministe e i loro fan maschietti, non avendo argomenti validi per controbattere, che fanno? Insultano, ti danno del troll, del maschilista, del misogino, etc etc oppure scatta la censura. Insomma, fanno di tutto, ma non rispondono. In questo caso si è fatto un passo avanti visto che, almeno per il momento, non hanno eliminato i nostri commenti. Questo è il chiaro segno di come questo movimento fanatico e sessista sia alla frutta. Ormai l’hanno capito anche le donne. Non a caso, ormai è più facile trovare un oggettino in mezzo all’Oceano che una femminista. A tal proposito, chi è più troll tra chi dice le cose come stanno, in maniera educata e rispettosa, senza prendere le parti di nessuno e chi accusa tutti gli uomini del Mondo di essere assassini, stupratori, schiavisti, etc etc? Ormai è un trionfo continuo, troppo facile così 😀
Standing ovation per Ottobre. Non sono d’accordo quando parla di “tono aggressivo” perché personalmente non ho insultato nessuno e ho cercato di trattenermi il più possibile come mia abitudine, ma per il resto, ha fatto centro. Il femminismo, come ho scritto prima, in realtà è un movimento sessista, così come il maschilismo, che si basa sull’odio e il disprezzo (in realtà invidia) nei confronti di tutto ciò che è “maschile”. Io da uomo non accetto assolutamente di essere continuamente insultato (penso al male bashing sui media), criminalizzato per reati che non ho mai commesso e discriminato con leggi sessiste da nazifascismo. Se dicessi che tutte le donne abusano dei bambini, che fanno false accuse, che uccidono gli uomini, etc etc basandomi sulle porcate di una minoranza di loro, verrei bollato come “maschilista”. Così non va affatto bene e, lasciatevelo dire, non solo non sarete mai ascoltati/e ma addirittura state rischiando di far diventare tutti gli uomini maschilisti perché li state aizzando contro le donne. E’ ovvio, logico, naturale che gli uomini reagiscano davanti a certi attacchi insensati contro la propria categoria e che, soprattutto, prima o poi la situazione prenda una brutta piega. La pazienza ha un limite. D’altronde, siamo pur sempre esseri umani. No? Né maschilismo, né femminismo.
Capisco bene il fatto di non tirarsene fuori, è il senso della partecipazione, ma per partecipare è necessario che si parta da presupposti comuni, oltre le differenze di genere, per poi arrivare ai problemi della condizione femminile (e maschile), altrimenti mi pare evidente come sia difficile per un sesso comprendere l’altro. Ed è qui che il discorso va impostato diversamente, perché da quel che ho capito è necessario stimolare l’empatia e questa dev’essere nei due sensi.
Tu dici che non ci si può tirare fuori dal problema solo perché non se ne fa parte; io ti rispondo che non si può partecipare alla soluzione dello stesso dovendo “prendere coscienza” del male inflitto dagli uomini alle donne, se non lo si è commesso: il punto dell’articolo che ha suscitato più controversie è stata la tua infelice frase “dobbiamo dire noi per primi che siamo stanchi di essere: schiavisti, assassini, stupratori, guerrafondai” – io dovrei stancarmi di essere qualcosa che non sono? O forse lo sono in quanto maschio, in maniera latente? Forse volevi dire che dobbiamo stancarci di essere definiti tali pur non essendolo necessariamente, ma anche in questo caso è fuori luogo, perché è ovvio che io mi stanchi di essere definito stupratore in quanto uomo, come una donna di esser definita puttana in quanto donna.
Io non penso che il femminismo sia l’opposto del maschilismo, perché è un movimento culturale più che un atteggiamento di fatto; ma se parliamo di presa di coscienza, mi pare che ancora molte donne prediliggano un approccio sessista, estendendo all’intero genere maschile comportamenti diffusi eppure circoscritti a individui e gruppi. Questo porta a commettere lo stesso errore dei maschilisti ed è grave. Se si aggiunge l’idea che la donna in sé abbia qualità superiori e appartenenti all’intero genere femminile, allora stiamo semplicemente navigando nei cieli dell’astrazione ideologica.
Non ho intenzione, io personalmente e credo molti altri pur disposti a partecipare, di mettermi in prima fila a dire “donne, io non sono come gli altri”, perché questo, se è vero, lo si capisce da come mi comporto.
Io sto invitando ad approcciarsi al tema come ad un tema politico, come ad una questione di sistema, non di difesa di una posizione.
Analizzare qui il tema della violenza, in un commento intendo, è riduttivo e va preso nel testo per quello che è, una provocazione.
Però io penso che, uomini o donne, siamo comunque parte, indipendentemente dal comportamento e dalle azioni del singolo, di un modello di società a base capitalistica e patriarcale. In questo mi sento comunque responsabile e partecipe.
L’invito è quindi lavorare per modificarla, per questo ti citavo l’ambiente o il lavoro o quant’altro.
Sono convinto che una modificazione dello stato di cose attuali, passi anche indispensabilmente da una visione sessuata della realtà, che prenda carico al suo interno di ogni aspetto della vita: dal lavoro ai diritti.
Per chiarire non sto parlando di femminismo si o no, ma di una visione più ampia di una società di genere, in cui non è più possibile ridurre il tutto a maschio femmina.
Appunto, un tema politico: ma il femminismo è anche difesa di una posizione, perché il sistema sfrutta e schiavizza tutti, al di là del sesso. Poi, di seguito, c’è la discriminazione nei confronti di generi, gruppi, fasce, individui ecc. Lo so che sembra la politica dei due tempi, ma il problema è che la condizione femminile si inserisce in un discorso più ampio, non è il discorso stesso.
Io vedo la visione sessuata un’arma a doppio taglio, se esula dalla difesa dei diritti delle donne. Affrontare la trasformazione sociale prescindendo dalle differenze di genere è azzardato, uomini e donne hanno certamente diversi bisogni, ma come si concilia la rinuncia al binomio maschio-femmina con la “visione più ampia della società di genere”, in cui d’altro canto si rivendicano le differenze proprio tra maschio e femmina? Trovo questa impostazione alquanto confusa.
Una cosa è certa, non si possono fare parti uguali tra chi è diseguale, una lavoratrice che ha bisogno del congedo di maternità ha uno svantaggio rispetto a un lavoratore e lì indubbiamente c’è da portare avanti una battaglia di diritti sul lavoro; le quote rosa in parlamento e nelle società saranno pure “umilianti”, ma sono stato un passo avanti per assicurare una partecipazione femminile ad ambienti preclusi. Anche lo sfruttamento del corpo femminile è una questione importante, che si inserisce nella mercificazione del sesso e nell’immagine del ruolo della donna, su questo sono d’accordo (basta vedere il video presente in queste pagine). Ma ciò che il femminismo d’altri tempi ha conquistato, oggi è prassi accettata, e riprendere le lotte da dove si erano cominciate (non lasciate) rischia di portare indietro proprio le conquiste femminili che, d’altronde, hanno migliorato la vita anche agli uomini (penso al divorzio).
Non si può risolvere tutto in un commento, è vero, ma si può cominciare con l’uso di un linguaggio diverso. Tu, Juri, hai assunto il punto di vista femminista come fondamentale; io credo invece che la questione sia assumere il punto di vista dell’umanità, perché rinnovare il sistema in senso matriarcale senza cambiare le condizioni politiche ed economiche non farebbe altro che mettere le donne al posto degli uomini nei luoghi di comando, dove è il potere, più che il genere, a dettare l’agire. In cosa cambierebbe un capitalismo matriarcale? E sai bene che i femminismi sono di varia natura, non si accompagnano unicamente a istanze bene o male socialiste. Ci sono femministe che difendono il capitalismo come il sistema migliore per l’emancipazione della donna (vedi Wendy McElroy).
Scusa Ottobre, prima che qualcuno gentilmente ci ricordasse che estono donne cattive e maschi non stupratori, il discorso di inserire la questione femminile in una cornice più ampia l’avevo fatto io riprendendo gli spunti di Juri nel post, che potrà dire cose discutibili ma non ha mai usato la parola ‘femminismo’ e meno che mai ne ha trattato come fosse un fenomeno unico e monolitico. Quante a quelle che oggi chiami ‘prassi accettate’, nel 2007 – quindi non negli anni Sessanta – il Viminale calcolava che ci fossero circa 13 stupri al giorno (http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/cronaca/violentata-studentessa/dossier-stupri/dossier-stupri.html).
Un piccolo appunto: d’accordissimo sul superamento del capitalismo, però esistono anche tanti tipo di socialismo, e non sta scritto da nessuna parte che qualunque cosa venga dopo il capitalismo non riprenda alcune sue vecchie tare, discriminazioni comprese.
Scusa, perché non hai approvato il mio ultimo commento? Non mi sembra di aver mancato di rispetto a nessuno. A me non cambia niente visto che il web è immenso, quindi posso dire la mia ovunque, però insultare o censurare chi non la pensa come voi, è poco onorevole per ciò che rimane del femminismo. Tutto ciò significa una sola cosa: zero argomenti. Un saluto 😀
I commenti non sono soggetti ad approvazione
NumberTen
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Posted febbraio 23, 2012 at 7:11 PM
A me invece dice il contrario.
leggendo questo scambio trovo molti spunti interessanti, e molte argomentazioni che mi sembrano sorde: nell’articolo di Juri non si afferma che tutti gli uomini siano assassini, stupratori, ecc. E neanche che la soluzione a tutti i mali sia il “femminismo” – uso le virgolette perchè femminismo è una parola che comprende/semplifica molti e differenziati approcci alle questioni di genere – o un ritorno al matriarcato. Non l’ha scritto mai.
Parla semplicemente della presa di coscienza di tutti rispetto a un’emergenza reale: basta informarsi leggendo i dati su omicidi e stupri in Italia.
Nel 2011 sono state 127 le donne uccise da uomini. Un omicidio ogni tre giorni. Il “femicidio” è la prima causa di morte in Italia per le donne tra i 16 e i 44 anni.
http://gdcedaw.blogspot.com/
Trovo interessante il contributo di Ottobre. Volevo chiarire che, secondo me, arrivare a una “visione più ampia della società di genere” non è in contraddizione con la presa di coscienza delle differenze tra maschio e femmina. Dovrebbe infatti essere una presa di coscienza, non una rivendicazione.
Poi, riguardo al “pluriverso femminile”, non troverai scritto in un nessuna pagina del sito che venga contrapposto a un “universo” maschile. Non è quello il pluriverso di cui parliamo: per noi questa parola vuole significare l’esigenza forte di contrastare lo stereotipo del femminile imperante, lo stesso di cui tu parli nell’ultimo post che hai scritto.
@Igor Giussani: ti chiederei di rileggere un po’ più attentamente quanto ho scritto.
In primo luogo, è persino lapalissiano dirlo, io ho espresso un punto di vista che se coincide con il tuo (sul quadro generale ecc.) mi fa piacere, ma stare a vedere chi lo ha fatto per primo mi pare inutile, se non altro perché il tuo commento non l’ho letto per intero e di certo non sto a “copiare” i punti di vista altrui.
In secondo luogo, oltre a sottolineare il fatto che io stesso ho definito i femminismI essere “di varia natura”, di cosa stiamo a parlare qui? Di populismo per casalinghe? O di una qualche forma organizzata di azione politica di genere? Perché nel secondo caso il vocabolo “femminismo” non mi pare per niente fuori luogo, sebbene possa apparire un po’ datato. C’è una storia politica lunga e complessa dietro questo termine, che come ho già detto non si può ridurre a estremo opposto del maschilismo (nonostante alcune uscite sessiste di certe militanti).
In terzo luogo, e qui davvero non capisco il fraintendimento, le “prassi accettate” di cui parlo sono le conquiste sociali dei vecchi movimenti: il divorzio, l’aborto, il periodo di maternità sul lavoro e, sempre sul lavoro, l’ingresso a cariche dirigenziali e uno stipendio adeguato (per quanto nella pratica siano spesso disattesi) più altre cose, sono oggi molto più a portata di mano rispetto al passato ed è normale vedere donne in carriera. La faccenda degli stupri è tutt’altro discorso, un crimine mentre io parlo di diritti, e trovo piuttosto assurdo rispondere alle mie osservazioni con cifre e statistiche su una cosa di cui non stavo discutendo.
Sul dopo-capitalismo nessuno ha idee chiare, ma il punto su cui mi soffermavo è che la questione femminile non ha nell’anticapitalismo una condizione “sine qua non”, può svilupparsi anche in regime di capitalismo, con effetti che non cambierebbero poi molto la sostanza. E se così avvenisse, a cosa servirebbe?
Per il resto credo proprio che la speranza in un paradiso in terra ce la siamo tutti tolta dalla mente da un pezzo…
@Stefania: io non dico che per Juri siamo tutti stupratori, dico solo che il suo modo di comunicare va reimpostato, perché i commenti rabbiosi lasciati qui derivano appunto da una scelta infelice di parole. Ripeto, io non posso dire che sono stanco di essere uno stupratore assassino e guerrafondaio, come mi si può chiedere una cosa del genere? Ho capito che l’intenzione di Juri era un’altra, ma l’idea che ha dato è questa ed è sbagliata. E’ sbagliata la corda che va a toccare, almeno per come si è espresso.
In più, la presa di coscienza riguarda gli uomini in quanto tali, o tutti i cittadini di fronte al crescere della violenza? Io non devo prendere coscienza di un bel niente in quanto uomo, io so di non essere uno stupratore e di non discriminare nessuna delle donne che mi circondano. Come cittadino so che lo stupro deve essere punito e la discriminazione prevenuta con l’educazione al rispetto. Ma che facciamo invece con una bestia in cerca di carne? Quella davvero non concepisce nemmeno il significato di “presa di coscienza”.
Sul pluriverso, grazie per il chiarimento (oltretutto la mia era una forzatura per provare a chiarirmi, dato che “universo” non significa comunque nulla di omologato); tuttavia continuo ad avvertire una sottile svalutazione del mondo maschile, in realtà anch’esso variegato eppure, per riprendere un luogo comune, appiattito con un bel “gli uomini sono tutti uguali”. Sì, lo so, nessuno lo ha scritto qui, però lo indico come un sintomo scherzoso di una visione a una sola dimensione del genere maschile, errore di cui già molti uomini si rendono partecipi omologando, per converso, le donne al modello domestica-prostituta.
Ottobre, non ho mai creduto in nessun Paradiso in terra, e da tempo anche in rivoluzioni stile quella di Ottobre – da cui presumibilmente prendi spunti per il tuo nick.
Quanto all’anticapitalismo, io credo invece che la soluzione delle problematiche femminili – così come quella di altre, ad esempio quello ecologica – sia strettamente legata al superamento del capitalismo e della logica del profitto. Credo che il liberalismo-liberismo sia intrinsecamente discriminante, lascia più spazio di liberà del vecchio patriarcato e consente talvolta ad alcune donne particolari di accedere a posizioni di potere (vedi Thatcher, Merkel che ricordava qualcuno) ma contenga al suo interno dei limiti insuperabili.
Ne dubito. Penso al Libertarian Party, baluardo dell’anarco-capitalismo, ossia il neoliberismo spinto alle estreme conseguenze (nessuna forma di stato, nemmeno minimo, nemmeno come istituzione sovraindividuale arbitro dei conflitti o fornitore di servizi, solo privati cittadini che contrattano tra di loro): il mercato libero, secondo loro, può annullare le differenze di razza, provenienza, religione e sesso, perché ogni persona è considerata in quanto partner commerciale, cliente, fornitore o compratore, e non conta perciò se sia bianco o nero, cattolico o mussulmano, maschio o femmina, conta solo quello che ha e che può offrire. Questo punto di vista non è solo maschile, molte donne lo condividono e anzi credono che il sistema borghese, adeguatamente sviluppato nelle libertà che lo distinguono da feudalesimi e società tribali, possa liberare le donne concretament e anzi, le abbia già liberate in molti campi.
La donna che citavo, Wendy McElroy, è esponente di quello che chiama “femminismo individualista” e scrive cose del tipo “la più grande forza di liberazione delle donne è stata la rivoluzione industriale, che ha permesso loro di lasciare la casa e di raggiungere l’indipendenza economica (…) Non metto in dubbio che le donne fossero pagate meno degli uomini o che lavorassero in condizioni legali svantaggiate, ma è anche veroche le donne, in massa, erano in grado di mantenersi. E non è stao lo Stato, non è stata la Chiesa, non è stato il progesso culturale, ma è stato il libero mercato che ha aperto la porta alle donne”.
Questo perché, come dicevo, le pari opportunità si danno nello scambio di mercato, senza stare a vedere di che sesso è il cliente. Per lei, per le donne che la pensano così, la donna succube del maschio-capitalista è solo uno stereotipo e la corrispondenza tra capitalismo e patriarcato è un errore tipico delle “altre” femministe.
Io non sono d’accordo, perché il capitalismo è passato da sinonimo di progresso a ideologia dello stato di cose, finendo col lottare contro la democrazia in nome dello sviluppo – ma il punto è che c’è una parte delle donne convinta di avere maggiori e migliori possibilità nello status quo, opportunamente liberalizzato, e non in altre forme (inutile dire che l’Islam è l’esempio prediletto per l’equazione “niente mercato = schiavitù delle donne”). Certo, la McElroy parte in ogni caso dal punto di vista americano, con una compagine socio-economica ben diversa dalla nostra, ma intanto resta il fatto che una corrente di pensiero femminista rivendica per sé le possibilità offerte da un sistema basato sul libero scambio, di cui la componente di dominio maschile sembra un’accezione e non un caposaldo. Illusione o meno, apre la strada a una concezione diversa della donna nel capitalismo.
Mi viene da aggiungere che, comunque, c’è una semplificazione in entrambe le posizioni. L’idea di patriarcato assume spesso la connotazione di “congiura”, come se a un certo punto della storia gli uomini avvessero deciso di prendere il potere e sottomettere le donne; questo può avere un suggestivo valore simbolico, ma non è la realtà dei fatti. Io penso che si dovrebbero fare indagini sociologiche e antropologiche per capire quali comportamenti reiterati e interiorizzati abbiano portato a dividere i ruoli così nettamente, per secoli, tra maschi e femmine e perché oggi discussioni come la nostra non escono dalla contrapposizione di identità sessuali più convenzionali che naturali. So che è un compito difficile e lungo, ma la politica non può spuntare come fungo, c’è una parte di ricognizione teorica necessaria anche ad azioni di lobbying, proteste in piazza e organizzazioni varie.
Concordo con la necessita’ di avere un approccio più ampio alla discussione e che vada affrontato in un’ottica multidisciplinare, non è però che non sia mai stato fatto. Penso però che il punto sia cercare un confronto comune. Abbiamo una base di elaborazione e studio ampissima sul genere in cui la partecipazione maschile è carente. Credo si debba riuscire ad andare oltre alla divisione donna uomo e fare nostro, come uomini, questo dibattito e dovremmo parteciparvi evitando posizioni di difesa. Un ragionamento deve partire da una lettura oggettiva della realtà che non esclude critiche anche al proprio recinto. (scusate la brevità ma scrivo dal telefono)
@Juri: forse volevi dire ‘posizioni di offesa’…
@Ottobre: C’è qualcosa che non mi torna nel tuo ragionamento. E’ vero, esistono queste correnti femministe fortemente filo-capitaliste, che per quanto ne so però sono anche abbastanza di nicchia. Però esistono anche milioni di lavoratori – sicuramente non una nicchia – convinti che l’integrazione nell’economia capitalista sia la miglior prospettiva possibile, e solo una minoranza avanza ipotesi rivoluzionarie. Quanto a Wendy McElroy, sono abbastanza d’accordo che mercato e sviluppo economico abbiano aperto la porta alle donne (e non solo) però penso anche che abbiano tenuto opportunamente stretta la stanza a cui sono riuscite ad accedere. Questa è una tematica che mi piacerebbe affrontare qua su Le Vocianti, perché questa cosa del patriarcato diventa un po’ uno specchio per le allodole.
Il liberalismo, l’ideologia politica della borghesia capitalista, nasce come tentativo di cristallizzare le differenze economiche, politiche e sociali, e nel corso degli ultimi due secoli ha subito alcune rivendicazioni democratiche di segmenti esclusi. Certo, in una società industriale-capitalista non servono gli schiavi (vedi la guerra di secessione americana) e le donne chiuse in casa recluse (meglio integrarle nel sistema di consumo), ma questo non vuol dire automaticamente lotta alla discriminazione. Da questo punto di vista concordo con l’idea che il patriarcato non si può far coincidere con il capitalismo (anzi è un suo superamento), solo che io non lo vedo come liberatorio ma come diversamente discriminatorio.
Hai ragione sul fatto che molte donne approfittano dello status quo, e infatti non sono le mie interlocutrici: ma questo fatto è abbastanza naturale nelle discriminazioni, fino a casi veramente estremi (tipo i Kapo nei lager).
Quanti agli studi antropologici di cui parli, ci sono, alcuni sono molto interessanti e spesso compaiono su questo sito. Anche perché il clima di contrapposizione, chi in buona fede chi meno, l’abbiamo ricreato noi maschi…
@ Igor penso che nel dibattito, non in quello che succede quotidianamente nel mondo, molti uomini etero si confrontino con una posizione di difesa, ne sono la prova le esagerazioni dei commenti di Claudio e Number Ten a questo articolo. In questo intendo posizioni di difesa, c’è una tendenza a vedersi minacciati dalle discussioni sui diritti. Tendenza che sfocia poi nell’omofobia o nel ritorno al mondo della donna angelo del focolare e in quel clima di contrapposizione che giustamente citi anche tu.
Credo che capitalismo e patriarcato, invece, non siano sovrapponibili semplicemente perchè il patriarcato o comunque una lettura maschile del mondo sia comune a molti, se non a tutti, i modelli che si sono proposti nella storia, senza togliere ad alcuni di essi la capacità di avviare tentativi di superamento che per ora però non hanno dato i frutti che avevano in potenza.
In un sistema come quello Italiano poi, in cui la crisi di sovrapproduzione del capitalismo è stata anche affiancata da una caduta dello spirito critico e dall’accettazione di un modello culturale fortemente disegnato sullo stereotipo del desiderio maschile, la situazione è molto più grave e difficile, ne è la riprova il rapporto ombra del cedaw sull’Italia.
Vorrei aggiungere un punto però alla discussione, non penso che il tutto vada riportato ad un ragionamento tra sessi, quanto piuttosto a quello tra i generi tenendo, anche, come punto focale la realtà lgbt.
Dovremmo pensare in un’ottica realmente sessuata e di genere, che faccia i conti con il mondo a 360 gradi e che tenga in considerazione tutta la realtà. C’è altrimenti il rischio di dare risposte parziali e non adeguate ai tempi e alle richieste di diritti delle persone.
Ma scusatemi, se le donne che approfittano dello status quo non sono le giuste interlocutrici, con chi dovremmo parlare? E’ la stessa cosa degli uomini misogini che qui non ci verrebbero mai.
Alla fine il discorso si fa tra persone che la pensano in maniera simile, senza uscire da un ambito di consenso, per lo meno non senza scontrarsi con tutti gli altri.
Allora, in che modo una visione sessuata della realtà può cambiare le cose? Sessuata in quale senso?
Di genere, quindi anche omosessuale, cosa significa?
Mi sembra che ci siano degli equivoci di fondo anche in questa prospettiva. Un conto è comprendere come un certo modello culturale continui imperterrito a dividere maschi e femmine svalutando a vicenda i generi, così abbiamo uomini che reputano le donne esserini semplici dediti al piacere proprio e altrui senza ulteriori qualità, e donne che reputano gli uomini degli stupidi immaturi buoni solo per dare soldi e qualche bottarella ogni tanto. Il problema reale è una mancanza pressoché totale di comunicazione e comprensione tra le persone di sesso diverso, di empatia, oltre che di educazione. Se a questo non si trova una risposta, dubito che si potrà ottenere molto altro rispetto a difese di interessi di parte con azioni di lobbying (all’americana, immagino, dato che pur essendo illegali in Italia sono una realtà invero squallida della nostra politica).
Un discorso ampio di coinvolgimento secondo me deve partire da più lontano e vedere la discriminazione sessuale come un effetto, più che come una causa.
Grazie Jury per questo interessante articolo.