E noi uomini?

In questi giorni si sta ragionando molto di azioni comuni, di modi di mettersi in rete, di ruolo della rete e delle azioni esterne alla rete.

Ma noi? Noi uomini intendo, come parteciperemo a tutto questo? Come faremo nostre le riflessioni e le discussioni, come porteremo i nostri contributi?

Perché credo sia indispensabile che si partecipi.

Non possiamo rimanere a guardare con sufficienza la “discussione delle donne”.

C’è un dovere sociale e politico di cui dobbiamo farci carico e a cui affiancarci, un’urgenza più che un dovere probabilmente.

Dobbiamo essere parte della richiesta di cambiamento, dobbiamo dire noi per primi che siamo stanchi di essere: schiavisti, assassini, stupratori, guerrafondai. Va combattuta l’impostazione di chi dice “io non sono parte del problema”, facendosene carico per primi anche quando lo vediamo in altri, per combattere quella che rischia di diventare una colpevole connivenza silenziosa.

Non voglio essere così, non voglio fare parte di qualche cosa che non si rende conto dell’oppressione che genera, non dobbiamo essere così.

Dobbiamo essere al fianco di ogni lotta e di ogni rivendicazione che smonti questo sistema, ha ragione la Lipperini, quando parla di un rifiuto della politica dei due tempi, “prima i soldi poi i diritti”, aggiungo che noi uomini non possiamo pensare che ce ne possa essere uno ulteriore.

 

In un progetto politico devono stare insieme le lotte per il lavoro e quelle contro gli stereotipi, la richiesta di una scuola migliore e quella di avere il diritto a vivere la propria individualità al pari di ogni altra persona, indipendentemente dal sesso e dall’orientamento sessuale.

 

E’ un’impostazione maschile, quella che pensa di poter lottare contro l’abolizione dell’articolo 18 e non tenere conto della legge sui licenziamenti in bianco o sulla parificazione della gravidanza alla malattia nei nuovi contratti FIAT.

 

Per pensare a qualche cosa di nuovo non possiamo condannare il razzismo e darci dei culattoni a vicenda con il sorriso sulle labbra.

 

Il no alla guerra deve essere tanto forte, sia che questa sia fra stati che fra generi.

Dall’inizio dell’azione in Afghanistan sono morti, ad oggi, 49 soldati italiani.

Ogni anno, in Italia, vengono compiuti oltre cento femminicidi.

 

Dobbiamo svegliarci e toglierci le bende dagli occhi, non stiamo parlando di questioni secondarie o di poco conto, di punti rimandabili dell’agenda.

Se vogliamo pensare un mondo nuovo, deve esserlo in tutto oppure non cambieremo nulla e come uomini e come persone dobbiamo fare parte di questo cambiamento.

 

Giovanna Cosenza, propone delle azioni di lobbying per poter dettare un’agenda di azioni che impegnino la politica a tutti i livelli, credo sia doveroso farne parte.