“Fiabe migranti”. Percorso in prima media
Tu hai fatto crescere il cuore
del mondo. Hai respinto i muri. Grazie.
Lhasa de Sela
L’idea di inserire Fiabe migranti in un percorso didattico è nata in quella notte di “studio matto e disperatissimo” che ha preceduto il mio orale per l’ultimo concorso a cattedra, per il quale mi è uscita una traccia sulle invasioni barbariche, che io ho declinato in un’ottica più complessa intitolando la mia proposta Barbari nell’Impero Romano: invasioni o migrazioni? Il libriccino, che da subito mi ha entusiasmata per la sua semplicità e bellezza, mi è sembrato uno strumento prezioso per collegarci all’attualità (come consigliano le indicazioni nazionali del 2012 e come ogni insegnante di buon senso già cercava di fare anche prima), innescando una serie di collegamenti con altre discipline e con lo sviluppo di quelle competenze chiave per la cittadinanza europea, pubblicate dal Parlamento Europeo il 18 dicembre 2006 e che dovrebbero sostenere tutta la formazione scolastica, ormai citate allo sfinimento in ogni ambito scolastico. Collegarci all’attualità in maniera critica, però, con quell’apertura interrogante che rifiuta le ideologie rigide e s’impegna a scardinare l’indifferenza, creando soste di approfondimento. Alle medie – ma in realtà anche molto prima – i ragazzini sono già portatori di ideologie, respirate negli ambienti in cui stanno crescendo, in primo luogo quello familiare: nei loro giudizi sulla realtà possiamo talora scorgere, se abbiamo lavorato su noi stesse per riconoscerli, degli automatismi preoccupanti. Nel momento in cui però li si invita all’ascolto, proponendogli esperienze vive o oggetti culturali il meno possibile didascalici e il più possibile belli, di solito accolgono le proposte con curiosità e, in alcuni casi, addirittura con entusiasmo. Occorre ancorarsi al presente, dunque, operando interdisciplinarmente, senza mai perdere di vista l’obiettivo trasversale della formazione di persone capaci di essere cittadini attivi: di tentare, cioè, letture della realtà poco stereotipate e molto umane. Coltivare umanità e restituirla anche là dove mi pare che il sistema la schiacci è uno dei modi in cui io cerco di declinare, insegnando, l’invito delle indicazioni a “promuovere i saperi propri di un nuovo umanesimo”.
La mia decisione di lavorare a partire da quest’opera non era, dunque, soltanto frutto di quella compulsione al collegamento che genera talora imbarazzanti voli pindarici, come ben sa chi assiste agli esami di terza media o di maturità con annessa presentazione delle famigerate tesine; c’era davvero modo di riflettere su più piani: il parallelo storico, a cui accennavo, con l’epoca dei flussi di immigrati, profughi e deportati di origine barbarica dentro all’impero romano, la declinazione del genere fiabesco in aree geografiche solitamente poco battute dalle antologie, la riflessione sulle politiche urbane dell’Unione Europea, che nell’agenda 2014-2020 indica fra le sue priorità l’integrazione di migranti e rifugiati e, infine, la possibilità di fare percorsi di educazione al genere in un prospettiva intersezionale, che preveda cioè di intersecare discriminazioni che avvengono differentemente e su più piani, le quali riguardano in primis il genere, certo, ma anche lo status giuridico, l’etnia, la classe sociale, la cultura di riferimento, l’identità e l’orientamento sessuale. Percorsi tra l’altro apparentemente caldeggiati dal Ministero, almeno sino alla battuta d’arresto delle Linee guida di Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione, pubblicate il 27 ottobre scorso, le quali, dietro un titolo promettente, celano purtroppo gravi cedimenti alle pressioni di coloro che, dopo aver inventato, per demonizzarla, la cosiddetta “ideologia gender”, sono stati presi dall’ossessione di doverla rimuovere dall’ambito educativo, venendo così a costituire un grave ostacolo per tutte quelle persone che da anni lavorano nelle scuole per prevenire e curare violenze di genere, discriminazioni, bullismo e cyberbullismo.
Abbiamo cominciato il nostro lavoro con un questionario che mi permettesse di farmi un’idea sulle conoscenze degli studenti rispetto al tema della migrazione e sulle loro aspettative davanti a un libro che si presentava attraverso un titolo da decifrare: Fiabe migranti. Come sospettavo, il loro immaginario legato al concetto di migrazione è estremamente cupo: viste le notizie maggiormente enfatizzate dai media, esso si collega necessariamente a un enorme carico di sofferenza, pericolo, povertà, guerra e morte. Anche al mare, al freddo, alla fame e alla paura. Qualcuno, però, ha spostato la sua attenzione sui soggetti che fanno questa “scelta”, mettendo in rilievo il loro coraggio, la ricerca di ospitalità e di una casa. Un ragazzino arrivato in Italia dalla Serbia, pochi mesi prima, che ancora stava imparando l’italiano, si è dilettato a trovare parole-rima e mi ha scritto “funzione, applicazione, emozione, terminazione, interrogazione”, riproiettandomi sul piano di quel significante a cui non stavo prestando molta attenzione, e a tutta la sua potenza semiotica, a prescindere dal dato semantico. Di famiglia rom, nato in Italia ma trasferitosi in Serbia molto piccolo, con la madre, solo per lui la migrazione “è quando una persona va via dal suo paese e trasloca”. Alla fiaba invece tutti collegano qualcosa di magico e sospeso nel tempo. Fiabe migranti: li colpiva questa scelta lessicale che, nel loro sentire rispetto alle due parole, diventava quasi una giustapposizione ossimorica.
Sulle aspettative le risposte sono state molteplici, ma la maggior parte di loro si attendeva storie legate alla difficile condizione dei migranti oppure tematiche per contrasto: pace, liberazione, successo del loro viaggio. Rispetto alle intenzioni delle curatrici, gli alunni hanno detto che la raccolta è stata creata per capire cosa pensano i bambini di un argomento così “freddo”, come la migrazione, “perché i bambini dicono la verità, hanno fantasia e ognuno ha la sua storia da raccontare”, “perché vogliono far capire come gli immigrati sono intelligenti e uguali a noi, le fanno illustrare da delle artiste perché le persone le credono e le ascoltano di più”, “per capire cosa piace ai bambini profughi per poi mettere insieme tutte le loro idee e creare qualcosa di bello in confronto a quello che stanno vivendo”, “per far capire e trasmettere alla gente che cosa provano questi bambini in modo da aiutarli”.
Dopo il questionario, ho formato dei gruppi da 3 o da 4 alunni (5 in un unico caso), ognuno dei quali ha analizzato una fiaba della raccolta, scelta da me, l’ha riassunta e l’ha illustrata per poi raccontarla ai compagni. Una volta ultimato questo lavoro sul testo, avrebbero poi dovuto inventare, a loro volta, una fiaba. I lavori di gruppo sono stati preceduti da una lettura condivisa e ragionata che desse loro un’idea del contesto in cui le fiabe erano state scritte e dei contenuti del libro che ogni gruppo aveva materialmente fra le mani (avevo infatti acquistato un numero sufficiente di copie, perché volevo che le ragazze e i ragazzi entrassero in un contatto fisico non mediato con l’opera), nonché delle finalità dell’iniziativa: sostenere i progetti per l’assegnazione di alloggi alternativi alle tristi condizioni dei campi profughi greci, in cui le autrici e gli autori delle fiabe erano all’epoca costretti a vivere.
Anche questa seconda parte ha dato frutti importanti: in un gruppo che ha lavorato sulla fiaba Mamma Anatra e la casa di cioccolato, le alunne sono rimaste molto colpite dalla rappresentazione di una soggettività femminile in cui il materno si unisce allo spirito indipendente e alla risolutezza e hanno scritto la storia di Sara, “la ragazza che credeva in sé”. Analizzando La maga della foresta, tre alunni e un’alunna hanno rilevato come tema “la magia dell’acqua”, sottolineando il fatto che si tratta di un tema connesso coi migranti, per i quali l’acqua è particolarmente preziosa, invitandoci anche a riflettere sulla duplice natura, distruttiva e vitale, di questo elemento.
Abbiamo concluso l’esperienza raccogliendo i disegni e le fiabe in un bel fascicolo rilegato che abbiamo esposto alla festa di fine anno per mostrare ai genitori e a tutti i presenti il nostro operato.