Dentro la caverna
Dopo l’interessante discussione scaturita dalla pubblicazione del post di A., che è sfociata nell’articolata proposta di pontitibetani di dibattere il tema dell’educazione (che non è mai solo dei figli), stasera vede la luce un frammento di dolore. Sono parole spremute da un vuoto apparente quelle che Marina ha voluto condividere con noi, parole che s’incuneano nel vischioso sentimento della malinconia, bestia ancipite, capace di annullarci e di approfondirci, contaminandoci con la sua saggezza profonda. Apparente perché le parole stesse, anche se solo per un attimo, gli conferiscono una forma, provvidenziali illusioni da cui lanciare nuove esche verso quella vita a cui Marina non vuole rinunciare. Parole che arrivano da lontano.
Kiev 4 settembre 2006 ore 9:46
Certe giornate sono come dei quadri.
Restano incorniciate in un ricordo, un’immagine, un’emozione e rimangono appese al muro della memoria come in una galleria, accanto a tanti altri giorni, ricordi di momenti intensi. A volte mi confondo con il quadro, divento io stessa il muro, la cornice, il colore vivido o sbiadito, il pensiero fuggito, di un istante che per quanto importante è già passato ed io rappresento il solo elemento reale nell’oggi, passato e futuro non esistono.
E’ molto duro fare i conti con questa realtà perché la malinconia talvolta mi accompagna nelle serate solitarie, nelle cene fatte d’un piatto, un bicchiere ed un tovagliolo. Permettere alla malinconia di sciogliersi in pianto e lasciarla andare è come dire addio a tutto ciò che mi resta di me stessa sin qui, significa affidarmi a quello che sono riuscita a costruire, crederci fino in fondo ed abbandonarmi alla corrente.
Un atto di fede pura nei confronti della vita e di me stessa, difficile a realizzarsi perché significa rinunciare alla vendetta, ricominciare davvero, mettersi a lavorare su un progetto che neppure conosco, ma che si sta realizzando dentro di me, grazie a quella parte che ha trovato il coraggio di andar via.
Dev’essere questa pioggia insistente, questo grigio opprimente che intristisce e mi pervade. Quando piove così è difficile essere ottimisti, ci sono pochi colori nell’aria tutte sfumature di grigio, viene naturale allora aprire la galleria dei ricordi e cercare nelle tele appese ai muri qualche immagine vivida, carica di emozione che lavi il cuore dalla “saudade” di questo autunno prematuro.
Non so bene dove voglio arrivare, forse sto girando intorno a qualcosa che ancora non esiste o che semplicemente io non sono ancora in grado di vedere. Forse sta per succedere qualcosa e ciò che percepisco ne è il presagio, sono in preda ad una sorta di inspiegabile instabilità, nulla che abbia una sua spiegazione obiettiva, un filo sottile che si va srotolando e mi costringe a seguirlo anche se non ne capisco il senso.
Insomma non è chiaro per nulla, ma è come se il gioco, il progetto, l’intento fosse proprio questo: farmi seguire una strada che non conosco, affidandomi completamente a qualcosa di altrettanto sconosciuto. Mi sento come un gatto che sta per entrare in una vasca da bagno….Pure non ho scelta, o piuttosto la scelta è quella di sempre, mantenere il controllo, con i risultati che ben conosco. Devo dunque trovare il coraggio di “seguire sui comandi” la vita fidandomi e basta.
Una bella sfida per una come me, abituata a controllare tutto. Il rischio è enorme. Tuttavia è in atto una fortissima rimozione della paura, ho solo una bolla intorno al cuore come se fosse sospeso e congelato, il sintomo è una nausea insistente, un senso d’impermanenza e di instabilità. Poi c’è il vuoto, il nulla, le mie unghie che graffiano le pareti della caverna, di questo presente che si smaterializza pian piano. Il pavimento si sgretola sotto i piedi, il soffitto cede e le prime pietre mi feriscono la testa, l’incubo ricomincia e tutto ciò che so e che non devo fuggire, devo avere fiducia…questa è l’ultima prova. L’attesa del passaggio è il momento più difficile, non riesco più a far finta di nulla, la stanchezza si fa sentire, sono sospesa in un momento che nella mia mente non esiste.
Lo sforzo è quello di uscire dal quadro e rientrare nel presente, vestirsi, affrontarlo anche se non mi piace, tirare fuori il cuore dalla bolla e farlo battere per mantenermi viva in questa giornata che non mi piace, alla fine della quale tuttavia dovrò arrivare.
Marina
Una cosa che ho imparato dalla mia malattia e da una depressione post partum è che il mondo dipende sempre dalla finestra (o dal quadro) da cui lo guardi. A volte bisogna cambiare finestra se no si rischia di perdere il senso delle cose.
Non posso che mandare un abbraccio di incoraggiamento a Marina!
posso dire che mi risulta piuttosto difficile commentare la testimonianza di marina … non saprei cosa dire.
e benchè le sue parole mi ricordino assai da vicino la fatica di certe giornate faticose e la cappa pesante che lasciano addosso so che c’è una vena in me che mi fa rimbalzare a galla ogni volta, ad ogni caduta; vena tanto involontaria quanto pervicace, cui mi aggrappo di necessità.
so che è una vena che mi trascende e che spesso è rabbiosa ma insiste per portami altrove, lontano dal grigio, e ogni volta mi sorprende nella sua fedeltà, mentre guido e mi accorgo della bellezza di un raggio di sole, nella primavera incipiente, nello sgocciolio di una grondaia.
scusate la presunzione ma credo che quella vena sia lì per ognuno, collocata ad attendere chissà dove …pronta per chissà quando …
ed è davvero l’unica cosa che riesco a dire
Anch’io non posso dire di conoscere davvero quello di cui Marina tanto sentitamente ci parla perché non l’ho mai provato, ma so che è un male che spesso gli altri tendono a ridimensionare, a non voler capire e questo rende la sofferenza ancora più lancinante. La depressione è una malattia. Da cui si può guarire, ma una malattia, per cui si può essere più o meno predisposti. Si tratta proprio di questioni chimiche dentro al nostro organismo, poi non solo, certo, anch’io tendo ad avere una visione più olistica della cosa, però la chimica ha un suo grosso peso e tanti consigli, fatti con la buona fede di chi ha in sé la capacità e gli umori (in senso anche letterale) che lo rendono predisposto a reagire rapidamente alla prostrazione, lasciano, purtroppo, il tempo che trovano. Però è un frammentod el 2006 che hai voluto condividere con tutti noi quindi, cara Marina, sono convinta che le cose vadano meglio ora, no?
C’è l’incertezza di chi sa di dover continuare da sola , con le proprie forze.C’è la paura della solitudine, la consapevolezza di sapere che se inciampi e cadi non c’è nessuno che ti aiuta a rialzarti.C’è la tristezza di vedere che ogni giorno è uguale a quello passato, che ti ritrovi a mangiare al tuo tavolino chiedendoti che senso ha seguitare ancora questa messinscena……….Marina eppure tutto ha un senso anche se la mia piccola mente non sa darti una spiegazione.
Posso darti qualche consiglio per rallegrare la tua vita :un passerottino da accudire, un cagnolino che ti sta aspettando in qualche canile e che riempirà le tue giornate,una mail da spedire a me per farci compagnia e magari scambiare due chiacchere.
Ciao Marina il nostro viale non è poi cosi deserto se guardiamo bene ci accorgiamo che c’è piu di qualche fiore pronto a sbocciare per rallegrarci.