Parole dal cuore


L’arte del quotidiano attraverso mia zia

“L’arte drammatica te la do in testa, altro che accademia”. Questo pare abbia detto mio nonno a mia zia Carmela che da giovane voleva fare l’attrice. Ma lei ogni giorno da allora (ma forse anche prima di allora) quell’arte la mette in pratica nella quotidianità. I suoi dipinti e le sue poesie sono solo la manifestazione canonizzata della cosiddetta arte occidentale, perché poi di arti ce ne sono a migliaia, più di quanto uno possa immaginare. Per esempio mia zia è un’artista perché succede sempre che quando vai a casa sua e ti siedi lì di fianco al camino, lei in piedi, tu inizi a rispondere a una qualsiasi sua domanda ed ecco che, senza che te ne accorga, perché l’arte mica si può sempre spiegare o riconoscere,  mentre sei lì concentrato a rispondere a una sua qualsiasi domanda, di fianco al camino, quindi anche un po’ intontito da tutto quel calore, insomma, ecco che lei inizia un suo racconto costruito sul tuo, tutto attorcigliato a quello di cui tu stavi parlando, anche se non c’entra niente.Questo racconto di mia zia può durare anche delle ore e tu non sai mai quanti altri racconti può contenere, un po’ come non sai mai quanti oggetti Mary Poppins può tirare fuori dalla sua borsa, ecco, mia zia è un po’ come Mary Poppins, solo che lei tira fuori storie. E anche se non c’entra nulla con quello di cui stavi parlando o di cui avresti voluto parlare, questa matrioska di storie coinvolge ogni tuo senso, come fossi un buddista, che, come diceva Roland Barthes, a forza di ascesi riesce a vedere tutto un paesaggio in una fava. Prima di tutto la vista. Mia zia racconta col corpo, mima i passi e i gesti di quelli di cui parla e se sono storie inventate (perché si sa, nelle storie orali c’è sempre un grado d’invenzione), lì sul momento mia zia inventa anche i gesti e i passi. Per intenderci, se poniamo sta raccontando di quando al collegio ballava, lei non lo racconta stando seduta sul divano o lì accanto a te di fianco al camino, magari bevendo tranquilla un caffè, lasciando che la tua immaginazione faccia il grosso, no, lei ti fa proprio vedere i passi che faceva: sposta il tavolo e inizia a fare tutta una coreografia dimostrando così che anche se è passato un po’ di tempo lei quei passi li fa ancora come quando aveva ventitré anni, perché anche una signora in paese proprio quel giorno (questa parte del racconto con relativi mimi la salto), le ha detto che ha un fisico come una ventenne  (ecco che i piani temporali del racconto si intersecano: presente-paese, passato-collegio).

Poi l’udito. Una babele di voci, con varie intensità ti colpisce lasciandoti appena il tempo di afferrare un senso che vada oltre la forma. Il suo esile corpo è visibilmente scosso dalla quantità enorme di frasi che spingono per uscire, ordinate in canzoni, filastrocche, vecchie storie di famiglia o del paese, sogni, dialoghi del quotidiano, citazioni bibliche, disquisizioni filosofiche, descrizioni di quadri, ricette, e via così.

E poi i suoi occhi. Gli occhi di mia zia sono grandi, scuri e si illuminano quando inizia a decantare una delle sue poesie di cui noi nipoti siamo profondi conoscitori, perché queste poesie ci sono entrate per osmosi, mentre facevamo i lego o giocavamo a fare gli animali davanti al camino, tra un racconto e l’altro.

Carmela Timpani è nata nel 1956 a Zagarise, un paesino in collina in provincia di Catanzaro dove vive con suo figlio Francesco e la sua famiglia. Ha studiato pedagogia e lavora a scuola. Le poesie che seguono sono state pubblicate nel ’93 dalla Cultura duemila editrice nella raccolta Parole dal cuore. La poesia Estate è di Francesco d’Aprile, suo marito che purtroppo non c’è più.

Valentina Timpani

L’umano avanza

senza paura di errori

tranquillo vive la sua libertà

crede di uscire vincitore

ma sbuca, poi, con calma

da un mare di lagrime

e con tremenda rabbia

costruisce una vita

distrutta dagli errori e affannata

da un’inutile corsa verso la felicità.

Notte

Cerco nell’oscurità ed ho paura

al cielo, la notte, regala le stelle

alla città, la notte, regala riposo

ad ogni coppia, la notte, regala l’amore

a me, la notte, regala solo “silenzio”.

Lagrime

Lascio dietro di me

un passato incantevole,

costruisco con i ricordi

un presente fantastico,

mi ritrovo oggi

con gli occhi sbiaditi.

Sei infinito nella mia mente

è impossibile studiare

tu mi distrai

come il cane cerca il suo padrone

come il vecchio il suo bastone

come il bimbo la sua mamma

io cerco te e non mi stanco

e non mi basta dire che sei tutto

perché tu

sei l’infinito della mia mente.

Carmela Timpani

Estate

Eccoti dunque

Sfolgorante regina

Delle stagioni

T’aspettavo da tempo

Godermi volevo

Il rigoglio di vita

Che offri

Il sottile esaltarsi

D’ogni piacere.

Benvenuta

Voglio bere senza posa

Il tuo nettare

Fino alla feccia

Compiacermi

Del gusto sfatto

Dei tuoi giorni

Impazzire

Come cicala

Nel tuo meriggio

Lasciarmi avvolgere

Dalla sudaticcia morbidezza

Delle tue notti

Culmine di vita

Che anticipi la morte

Io ti amo!

Fiorita sepoltura mia

Inondata di sole

Io ti amo!

Trionfo della natura

Putrido e marcescente

Io ti amo!

Lasciami, ti prego

Ricordi favolosi

Che i gelidi giorni

Dell’inverno operoso

Non potranno disfare.

d’Aprile Francesco

Fotografie di Salvatore Timpani