Le mie avventure all’acquagym

Isabela Figueiredo ha scritto uno dei romanzi più coraggiosi che ho letto  sulla fine del colonialismo portoghese che è, insieme, un tributo di amore per suo padre e un’affermazione della sua identità.

Ha un blog, Novo Mundo, e quando le ho chiesto di tradurre un suo post che mi è piaciuto molto, un post che ha a che fare con le donne e la corporeità, ha detto subito di sì.

Da questo scritto traspare il suo sguardo caldo e affettuoso, la sua profondità che non rinuncia a far sorridere.

Grazie Isabela.

Camané non fa più l’allenatore nella palestra del mio quartiere. Gli hanno offerto un lavoro in Spagna ed è andato a guadagnare più soldi. Torna ogni 15 giorni, con la Vueling, per stare con la moglie.

Confesso che Camané era un incentivo a frequentare la palestra del mio quartiere. Non era un bell’uomo, ma mi dava attenzione. Lei, Isabela, ha una gran forza nelle braccia. Scusi se glielo dico, Isabela, ma lei è una gran bella donna. Ha molta più resistenza, Isabela, la vedo più flessibile, più tonica… lo dicevano anche i ragazzi l’altro giorno. E io, tutta orgogliosa, gli mostravo i bicipiti, gli addominali e i glutei, perché potesse vedere coi suoi occhi che ero proprio sulla buona strada. Se non fosse stato per questo rituale di contenuta seduzione non avrei certo avuto la pazienza di sopportare 35 minuti di tapis roulant a ritmo accelerato, e nemmeno l’ora e mezza quasi due, che passavo lì dentro tre giorni la settimana.

E adesso se n’è andato, e il mio interesse per le macchine da sviluppare i muscoli è svanito. Tuttavia, il mio corpo reclama una qualche cura, e dopo un’intera estate sdraiata sul divano un minimo di movimento era necessario. Mi sono iscritta alla piscina del quartiere. C’è l’acquagym, e a me è sempre piaciuto giocare con l’acqua.

L’istruttrice si chiama Paciência. Maria da Paciência. Povera, era il nome della sua madrina. Precisa, rigorosa, calma e sorridente. Appena sono arrivata subito le ho detto, mi tenga d’occhio, e lei l’ha presa alla lettera.

All’ora in cui vado, le mie compagne di piscina sono donne tra i 50 e i 70 anni, a cui l’acqua innalza notevolmente l’autostima. Dopotutto sono ancora capaci di sollevare le gambe e saltellare e fare la verticale. E quando escono dalla piscina dicono alla Paciência, mi sento così pesante, sarà normale? Poi andiamo tutte insieme nelle docce ed è un chi più ne ha più ne metta di donne tutte nude. Devo dire la verità: è la prima volta, in un bagno pubblico che, nonostante i rotoli, mi sento bella, magra e sensuale. D’ora in poi voglio soltanto compagne di ginnastica che abbiano 15 anni più di me, minimo. Come raccontavo oggi a mia mamma – abbiamo riso molto tutte e due! – è una sfilata di tettine, chiappe e passerine, senza pudori. Nessuna è lì per far vedere le sue belle gambe muscolose né il ventre piatto né le mammelle sode. Dove sono poi rimaste tutte queste cose? Indietro, molto molto indietro. Sono le donne del mio quartiere, con la loro pelle bianca, i corpi trapassati dall’egoismo dei loro uomini e della vita. Mi piace vederle nude. Le trovo belle. Sono così vere quelle gambe, i seni e le pance cadenti. Fanno fatica a vestirsi, si muovono male. Hanno l’artrosi. Non riescono a sollevare bene le braccia. Sono di un altro tempo. Si danno molto da fare.

Oggi, una collega tracagnotta e già coi suoi anni, commentava, nelle docce, sentendo la voce dell’istruttrice che cominciava la lezione successiva, la Paciência morirà giovane: tanto esercizio, tutti i giorni, fa male al cuore. Così non ingrassa mai; il grasso non aderisce alla carne, poveretta. E mi scappava un po’ da ridere, dentro di me, perché l’immagine del grasso che non sa dove attaccarsi è stupenda. Sono convinta che dalle mie avventure all’acquagym spremerò molto sugo.

Isabela

La foto è la stessa che ha messo Isabela nel post originale, con questo commento sotto: “Una delle poche colleghe più giovani di me nelle docce della piscina del mio quartiere“.