L’infanzia rubata

Pubblichiamo oggi, dopo esserci consultate con Linda che l’ha scritta, questa lettera comparsa sabato 23 ottobre 2010 su D-Repubblica, perché ci è parsa particolarmente attinente ai temi che più ci premono, visto che siamo convinte che il sistema in cui ci troviamo incastrati e contro cui stiamo tentando di far sentire le nostre voci cominci a infliggere i suoi assalti molto molto presto,  rendendo le persone talmente assuefatte alla sua violenza subdola da non riuscire più nemmeno a percepirla.

Della fretta che abbiamo di far crescere i nostri figli, le nostre figlie in particolare, cooptate da messaggi pubblicitari perennemente inisinuanti ed erotizzati che mercificano i corpi femminili fin da età precocissime ha scritto, sul nostro sito, anche Valérie Donati.

Per quanto mi riguarda, mi capita di pensare al furto dell’infanzia che la nostra società ormai perpetra in un clima di quasi totale apatia, ogni volta che vedo un cartone animato di quelli main stream, di quelli che riempiono le sale cinematografiche e riescono a meritarsi il plauso anche di critici apparentemente selettivi e quotati: ci sento comunque un eccessivo ammiccamento agli adulti, battute allusive, personaggi dalle personalità perennemente irrisolte che veicolano valori troppo ambigui per l’età di chi guarda, come se dovessimo da subito abituarci a un relativismo esasperato, a un pensiero tanto debole da farsi inconsistente.

E poi ritmi e rumori esagerati, irrinunciabili momenti di violenza, anche in film con temi delicati, come Up, che riesce ad avere uno sguardo così raro sull’amore in vecchiaia e poi si perde in un’esplosione di latrati lancinanti e cagnareassordanti in un Sudamerica chissà perché rappresentato come una no man’s land mezza lunare mezza infernale. In sala ci sono sempre 4-5 bambini che piangono e vogliono andare via.

Va a finire che, quando vedo un film che dovrebbe essere per bambini, esco dal cinema nervosa e amareggiata. Triste sia se le mie figlie non si sono divertite (triste per quello) sia se invece lo hanno fatto (triste per il timore che si stiano assuefacendo
a un mondo che non mi piace).

Linda, in questa lettera, torna a lanciare un allarme per questa infanzia rasa al suolo, immolata sull’altare del profitto a tutti i costi: parla di bambine assorbite in quel “contesto prostituzionale” che tanta pubblicità contribuisce a far rimbombare e a diffondere, grottescamente incastrate in vestiti e atteggiamenti indotti, che preludono al tipo di donna più in voga, la donna-articolo in vendita, la donna-prodotto a disposizione sul mercato, la donna reificata.

DALLE DONNE AI BAMBINI

Mentre il corpo maschile è a rischio, la mercificazione di quello della donna ha raggiunto livelli ormai inaccettabili ed è sotto gli occhi inconsapevoli o ciechi o disinteressati o impotenti, di tutti noi. Siamo talmente drogati e assuefatti allo sfruttamento dell’immagine femminile da non accorgerci di non fare troppa distinzione tra la parola sesso e la parola donna.

Nel mio piccolo, provo quotidianamente ad oppormi a tale visione (mi scontro ogni giorno sul lavoro con uomini, tutti uomini, principi e re di un mondo di battute, strizzatine d’occhio, furberie e racconti improbabili) ma mi rendo conto di essere anche io all’interno di un meccanismo più grande di me, che fonda le sue radici troppo lontano per non aver influenzato anche il mio modo di pensare e di agire. Fino ad ora sono stati gli uomini a dirigere, ad essere presenti in tutti i settori lavorativi, economici e artistici. È stato l’uomo a dettare, nell’arte, nella comunicazione, negli stili di vita, la visione del mondo e dunque anche della donna.

Ma oggi, ho paura, che stia accadendo qualcosa di ancora (se possibile) più grave. Qualcosa contro cui tutti, uomini e donne, dovremmo, a mio parere, scandalizzarci e opporci, prima che sia troppo tardi.

Le donne oggi subiscono e putroppo a volte, inconsapevolmente accettano, la costrizione di vedersi ritratte nelle pubblicità di moda in mezzo a cetrioli, indotte a compiacersi del ruolo di bambole di plastica senza altra funzione che fottere ed essere fottute, e ad immedesimarsi in canoni estetici che portano ad una devastazione psicologica tale per cui dopo aver sfogliato una rivista di moda il 70% delle lettrici si sente depressa e in colpa. Se tutto questo le donne subiscono, io vorrei fare in modo che altrettanto non accada ai bambini.

Sfogliando le riviste femminili e di moda, guardando i manifesti pubblicitari o le vetrine dei negozi o le fermate degli autobus, mi sono accorta di come siano in costante aumento le pubblicità di abbigliamento infantile, laddove “infantile” è un termine del tutto inappropriato. Bimbe dalle gote porpora e dalle labbra rosse private del sorriso, fissano l’obbiettivo. Qualcuno potrebbe vederle come piccole (molto piccole) Lolite. Niente hanno dell’infanzia se non l’età, ridicolizzate come scimmiette travestite, adultizzate, erotizzate. Oscene.

Immagini di bambini adulti, che parlano agli adulti e affascinano i bambini.

Non sono madre, non so cosa provino i genitori nel vedere tali immagini ma in me provocano profondo sdegno verso la nostra società. E paura. Paura nel pensare a chi tira i nostri fili, in quali mani siamo per sottostare a tutto ciò senza aprire bocca o peggio senza accorgercene o ancora, per ritenere le mie opinioni esagerate. E paura per i futuri adulti.

Cosa succederà ad individui privati dell’infanzia?

A bambini portati ad imitare e ad immedesimarsi in modelli troppo adulti?

Se lo stesso meccanismo di sessualizzazione dell’immagine porta problemi e confusione nell’adulto, cosa può accadere in un bambino portato troppo presto a spostare l’attenzione sul proprio corpo e sulla propria immagine?

A vedere il proprio corpo come arma seduttiva, merce di scambio, punto d’arrivo?

Ma soprattutto, non porta questo modello “infantile”, ad una normalizzazione di brame voyeristiche e pedofile?

In virtù delle nostre visioni edonistiche e utilitaristiche stiamo a mio avviso, andando oltre ogni limite, superando il livello del permesso.

In una società dove aumentano i diritti delle persone, vanno paradossalmente crescendo le violenze e gli abusi dell’individuo, della sua immagine, della sua sensibilità.

Linda (una 28enne)

(da “D-Repubblica”, n°716, 23/10/10)