Orfane dell'infanzia: inventarsi donne adulte
Leggere la testimonianza che pubblico oggi mi ha molto toccata. Si tratta di poche righe ma io le vedo come un piccolo crocevia molto importante, sia per Roberta che le ha scritte sia per molti che leggeranno e forse ci potranno trovare qualche frammento di sé. È il racconto di un’infanzia infelice e spaventata, di una persona che ha trovato il suo equilibrio anche tirando fuori questo groppo doloroso, dandogli una forma verbale compiuta. È anche il racconto di una serie di relazioni, ricche e complicate (soprattutto a causa di questo passato di sofferenza), davanti a cui l’autrice si fa delle domande: quella con il compagno attuale e quella con le sorelle che hanno condiviso con lei quel trauma di cui ora è così difficile parlare.
Stranamente sono in un periodo della mia vita in cui per me stessa devo guardare al mio passato. Per arrivare quasi sana e quasi normale ad oggi invece il mio passato nel possibile l’ho dovuto accantonare. È stato così e non si piange sul latte versato. Lo spirito mio è esattamente questo. Lo credevo, lo speravo. E pensavo potesse bastare.
Ho preso la mia vita in mano per vivermela. Non sono più scappata. Il mio tabù più grande era l’amore uomo /donna. Non il sesso, ma l’amore come atto di fiducia e di lasciarsi andare. L’ argomento è delicato, non si spiega a scuola. Ma nel suo piccolo ce lo insegnano i genitori con i fatti. Amandoci. Da bambina avevo sviluppato la capacità di sentire l’umore di mio padre 1 ora prima che arrivasse a casa dal lavoro e il più delle volte andavo già a nascondermi in camera, io e le mie sorelle ci stringevamo una all’altra. Non parlavamo più, non andavamo a fare pipì che la porta chiusa della camera era la nostra sola barriera a separarci da lui e cercavamo di diventare invisibili. La mancanza di una di noi sarebbe ricaduta anche sulle altre. Se poi per caso il mio radar comunicava l’ok non significava che quel giorno la situazione non sarebbe cambiata. Era imprevedibile. Pugni, sberle, offese e digiuni senza motivo. Ma esiste poi un valido motivo? Ho praticamente passato la mia infanzia a dormire perché era l’unico mio modo per evadere, ho imparato a riaddormentarmi anche dopo che gli urli e le invasioni notturne in camera erano al momento cessate. Il silenzio tra noi vittime è il ricordo più penoso unite e separate nello stesso destino. Quello che vivevamo era troppo per chiedere all’ altra un conforto che non so poi da dove poteva arrivare. Credo che l’amore l’una per le altre non ci facesse ribellare. Dal canto mio sarei scappata di casa senza pensarci ma il pensiero che prendessero loro le botte mi ha tenuta lì, fino alla fine.
Ok, ho detto che non mi sono mai pianta addosso e fin qui tutto ok, non ho mai reso conto a nessuno del mio modo di essere, comodo! Ora ho un compagno che si arrabbia dei miei silenzi, e delle mie assenze/evasioni con la testa in un mondo che non so neppure io dove vado… Non sa nulla del mio passato. Non voglio giustificarmi ma nella realtà mi devo in qualche modo inventare una donna adulta mai stata bambina. Credo che per andare avanti in una storia in cui credo io debba raccontarmi, una sorta di abbi pazienza perché ci sto provando. Ripeto non cerco giustificazioni ma capisco che alcune mie cose possano essere collegate al passato. È per me un atto di fiducia riuscire a parlarne. Il mio compagno è un uomo di una grande sensibilità. Ma ho paura francamente della sua reazione, di non essere creduta o capita o che la sua sensibilità lo faccia allontanare per difesa. E se poi non sono la donna che credeva? E che tipo di donna sono?
A oggi tra noi sorelle ancora non ne parliamo…. non è un discorso tabù, qualche frase ogni tanto ci scappa ma vedo ancora il disagio per il dolore nei loro occhi e per rispetto non si insiste.
Roberta
l’amore va oltre…e se davvero è amore quello tra di voi, non deve esserci paura, capisco la difficoltà di avere pienamente fiduca in qualcuno, ma del resto prima o poi dovrai farlo, servirà a te per liberarti anche se solo parzialmente, del tuo peso e a lui a capirti di piu.
So che puo sembrare troppo facile parlare così dal difuori ma è l’unico consiglio che mi vien da dirti. Macerare nel proprio dolore non serve prima o poi va affrontato.
Sono davvero addolorata per la bambina che eri. Quando guardo mia figlia a volte non posso fare a meno di pensare a quanto è fortunata, a quanto io lo sia stata.
Un abbraccio di solidarietà.
Ciao Marlene,grazie. Poco dopo avere scritto a Francesca ho colto l’occasione e mi sono raccontata con il mio lui. Tutta la mia vita riassunta in poche frasi,più che altro per non avere rimpianti….
Cara Roberta, io penso che non a caso ti ti sia innamorata, come atto di fiducia, dell’uomo di grande sensibilità che dici. Io grazie a dio non ho avuto un’infanzia come la tua, ma un padre amatissimo e fortemente umorale si e anche questo ha fatto molto.
La difficoltà che dici tu nell’aprirti con il tuo compagno la riconosco anch’io e anch’io mi sono scelta un uomo rassicurante, con un forte lato femminile, che non urla ma si incazza in silenzio, spaventosamente, e lo temo più di un uomo urlante – e urlo io.
Però prima o poi bisognerà tirarle fuori le cose, meglio, ce le tirano loro. Non a caso credo tu hai deciso di aprirti almeno anonimamente con noi, che non sappiamo chi sei (e magari con il filtro di Silvia che spero butti fuori prima di pubblicarli, se dovessero essercene, dei commenti inutilmente offensivi, che a volte si sa come va qui su internet, anonimato per tutti, anche per i vigliacchi che insultano).
Non so se questa uscita con la rete sia quella che ti ha magari spinto a parlare con il tuo compagno, ma comunque sia, ti cito la frase che ha detto il mio quando sono uscita dal bagno dello studio ecografico che mi aveva appena detto che nella pancia avevo un bambino vivo e uno morto: per favore questa volta non soffrire da sola.
Ecco, lì ho capito che il mio voler ostinatamente soffrire da sola non è un riguardo, è una mia forma di chiusura, di non volerlo far partecipare a me e a quello che mi vive. Forse peggio di un urlaccio.
Niente, volevo solo dire questo che a me è servito,ma tu a questo punto non credo ne abbia più bisogno.
mammamsterdam,ecco mi hai fatto piangere.grazie.
@mammamsterdam
credo tu abbia dato forma ad una verità di molte e credo anche di molti (uomini che non posson piangere, sin da piccoli)
“per favore questa volta non soffrire da sola. Ecco, lì ho capito che il mio voler ostinatamente soffrire da sola non è un riguardo, è una mia forma di chiusura, di non volerlo far partecipare a me e a quello che mi vive. Forse peggio di un urlaccio.”
e unitamente a @roberta …introducete alcune cose che è bello che escano qui:
la costruzione di se, che procede sin dalla nascita.
ed è qualcosa che ci accomuna e ci rende responsabili di noi stesse davanti a chi ci sta attorno.
una infanzia faticosissima come quella di roberta evidenzia ancora di più questa cosa, e cioè la voglia e la necessità di diventare donne, e adulte, di continuare a crescere se stesse.
ma è un destino che accomuna molte (molti?) anche portatrici di infanzie meno traumatiche, ma che comportano sempre e comunque l’inventarsi come nuove, come capaci, come coraggiose, come adulte.
credo sia questa una delle distanza che si vuole prendere dal modello velina, di una donna di forma artefatta, di immagine, di stereotipo, impedita – di fatto – dal farsi donna e dal crescersi.
donne che non sanno di poter scegliere e i cui segni dalla vita devono quindi venir negati, cancellati, botulinizzati …
Ponti, io trovo quello che dici una delle intuizioni più geniali di questo punto di aggregazione che è Donne Pensanti: il coraggio di crescere, di guardarsi dal di fuori per cambiarsi da dentro in opposizione al modello velina.
Meditate, gente, meditate. Io da sola non ci ero arrivata.
(quanto al far piangere, per quanto mi riguarda, qualunque cosa mi faccia piangere è star bene alla fine è vala i soldi che ci ho speso: film, respirazione, camminata sul fuoco, psicomotricità. Il blog, cavolo, è pure gratis, quindi lo prendo con piacere come un complimento).
@mammamsterdam si che lo è,eccome!
@ ponti Sicuramente un inizio duro può anche avvantaggiarti in un certo senso.però devi essere in grado di elaborare il tutto. mio padre ha fatto quello che ha imparato dalla madre non madre (che non basta partorire per essere tali) dai nonni che da secoli andavano avanti così perchè non sapevano di avere scelte(?) l amore si impara e lui non lo ha avuto,non è stato in grado di fare diversamente. io sono mamma e mi nutro della serenità che vedo negli occhi del mio matty. mia mamma che ha avuto un infanzia stupenda non mi capisce e non sa pur essendo lì con me da quando sono nata che cosa ho provato.
baci a tutte
So bene, benissimo cosa significa non aver avuto un’infanzia…una fanciullezza…una adolescenza, ho vissuto questa schifosissima realtà!
Cara Roberta sono arrivata all’età di cinquanta anni,ho avuto delle relazioni sbagliate (questo sempre perchè a tutti i costi volevo quella famiglia che non ho avuto, quel miserabile di padre che non ho avuto perchè mi ha rinnegato senza uno straccio di perchè…lasciamo perdere…),dei matrimoni sbagliati:figli voluti da entrambi ma poi lasciati solo a me…ai miei venti anni.Figli amati, protetti , viziati da me .Erano tutto il mio mondo:dovevano avere tutto quello che io non mi sarei mai sognata di avere e sopratutto nessuno si doveva avvicinare a loro,nessuno poteva dirgli mezza parola che non andava.Non voglio seguitare,sarebbe troppo lunga la storia, troppo penosa.Ti dico solo che i figli tanto amati sono corsi dietro una storia d’amore e non li ho più visti.Oggi cerco di riappiccicare tutti i brandelli della mia vita ma…quanto è difficile!
Mi sento spesso dire :coraggio nella vita non ci si deve arrendere e tu devi capire…vedrai tutto si aggiusta!Caspita ma io ho sempre cercato di capire e quando non ci arrivavo chiedevo aiuto attraverso le persone, attraverso i libri… di coraggio ne ho avuto tanto ma alla fine quando ho superato l’ennesima sfida, l’ennesima prova ma cosa ho ottenuto?
Chissà per quale scherzo del destino sono nata? Chissà per quale motivo mi trovo su questa terra?
Stampiamoci il solito bel sorriso sul viso, facciamo finta che tutto va bene e seguitiamo questo percorso e che Dio ci aiuti (a volte dubito fortemente che possa esserci un Dio ,la mia mente è troppo piccola per capire certe cose).
Tanti auguri Roberta
Molti di noi hanno vissuto, “senza vivere”, quelli che dovrebbero essere gli anni migliori della nostra vita : è così, ma non è detto che non si possa fare nulla per recuperare il tempo “perso” anche perchè, nel esatto momento in cui ce ne rendiamo conto e non decidiamo di riprendere in mano il filo della nostra esistenza, a pagare per i “nostri errori” non saremo solo noi, ma anche e purtroppo, tutte le persone che vivono molto vicine alla nostra sofferenza.
Eppure la sofferenza vissuta dovrebbe averci insegnato
qualcosa che non siamo riusciti a vedere e sai perchè? Perchè siamo stati troppo presi dal rancore che ci tormenta l’anima e che, nonostante i nostri sforzi per mascherarlo dietro a un sorriso, finisce con il trasformarsi in quegli errori che abbiamo tanto odiato, in errori ancora più grossi di quelli che abbiamo ricevuto.
Abbiamo avuto davvero poco e abbiamo preteso di dare ai nostri figli ciò che ci era mancato, ma non si può dare nulla a nessuno se prima non siamo noi ad avere “imparato”.
Come ha scritto Pierre Daco, noi non siamo altro che un anello di una lunga catena arrugginita e se non troveremo il coraggio di tagliare quella catena, così da togliere l’ultimo anello arrugginito che ci lega ad essa, finiremo per intaccare anche l’anello successvo e via dicendo da una generazione all’altra.
Di me posso dirti che ho visto cose delle quali i bambini non dovrebbero nepppure conoscere l’esistenza, ma le ho viste e se per un lungo periodo della mia vita ne ho fatto una scusante ai miei errori, se pur inconsapevoli, oggi ti dico che rivivrei tutto per essere dove mi trovo ora. Mamma straordinariamente felice dei suoi figli, meravigliose creature che ho cresciuto da sola e per i quali ho rinunciato ad ogni cosa che avrebbe potuto turbare la loro psciche e che oggi mi amano come ogni madre sogna di essere amata, ripensando al passato della loro mamma bambina mi ripetono spesso: – Mamma..tu non hai sbagliato nulla..sei stata una madre perfetta..erano le situazioni ad essere sbagliate e tu le hai magicamente cancellate…- E’ vero. Quando mi resi conto della mia tragica situazione psicologica intrapresi un percorso lungo e doloroso. Appena mi sentii pronta lasciai tutto. La mia famiglia d’origine, il marito bambino con il suo vissuto alle spalle e caricai la mia auto per dirigermi incontro al destino, senza una casa, senza un lavoro, senza soldi, sentivo dentro di me che ce l’avrei fatta. Non sbagliai, oggi, a distanza di sette anni, ho tutte le cose che ho sempre sognato di avere: serenità, pace e tanto, tanto amore da parte delle persone che amo di più al mondo.
Lagnarsi non serve.
Quello che serve è la volontà di cambiare la nostra Vita.
Io l’ho fatto. Mi è costato molta fatica, ma oggi sono felice di aver imparato ad amare quella bambina che dentro di me soffriva senza sapere che quella sofferenza le avrebbe regalo davvero gli anni migliori della sua vita: quelli che vivo ora, adesso, qui.