Andare oltre la sentenza della Cassazione
Cosa è successo nei giorni scorsi?
Il due febbraio sulle agenzie di stampa e sui siti dei principali giornali viene pubblicata una notizia che, con varie modulazioni, afferma che la Cassazione ha deciso, per il reato di stupro di gruppo, la non obbligatorietà del carcere.
Ovviamente la notizia, per come è riportata, desta scalpore e indignazione e immediatamente sui social media e nei siti inizia il rilancio della cosa.
Compreso questo sito.
Nelle ore successive si è approfondita la questione, leggendo e capendo meglio cosa effettivamente dica la sentenza e soprattutto che non si riferisce alla pena ma alla custodia cautelare in carcere.
Abbiamo quindi deciso di pubblicare vari interventi che meglio spiegassero la situazione, interventi da cui è nato anche qui un interessante dibattito.
Dibattito che si è sviluppato moltissimo in rete e che ha dato il via a decine e decine di confronti e discussioni, smentite e
approfondimenti.
Cosa mi ha stonato allora?
Mi ha stonato che ad eccezione di alcuni interventi che sono voluti andare oltre, penso a Loredana Lipperini,Giovanna Cosenza, Barbara Spinelli, Daniela Lattarulo su questo sito, per citarne alcune, il tutto si sia fermato un attimo prima del nocciolo della cosa.
L’impressione che mi danno i tanti commenti, corretti e puntuali, che richiamano il “mondo delle donne”, “le femministe”, al compito di una corretta informazione, è quella di un grosso respiro di sollievo.
Sembra che in tanti stiano dicendo:
“Finalmente hanno fatto il passo più lungo della gamba! Finalmente hanno messo un piede in fallo e si sono sbagliate” e immediatamente il punto non è più parlare di un reato odioso come lo stupro e di come questo e con esso la violenza di genere in Italia sia praticamente negata, il punto diventa:
“E bè prima di parlare però informatevi!”
Forse però ad informarsi dovrebbe pensarci anche chi è pronto con la bacchetta in mano, così magari capirebbe perché basta una notizia mal riportata a scatenare tanta indignazione.
Perchè siamo in un paese in cui facciamo le crociate contro i campi Rom, poi però chiudiamo gli occhi davanti a dati che dicono che oltre il 60% delle violenze avviene in casa o in famiglia.
A me è successa una cosa particolare, ho reagito di pancia, ho pubblicato l’articolo sulla scia dell’indignazione, senza controllare e forse è stato utile farlo, perché ho sentito, in una maniera minuscola quasi infinitesimale rispetto a loro, il rovesciamento che tante donne o omosessuali devono vivere quotidianamente.
Ho sentito lo spostamento del problema, il rifiuto di parlare della violenza, di violenza maschile in principal modo, di violenza di genere e il nascondersi dietro all’errore per spostare la discussione per eluderla e non affrontarla.
Ed è una sensazione orribile, mi sono sentito spaesato non riuscendo a capire perché non si volesse parlare di stupro ma solo di legge.
Chiariamo, non sto dicendo che il punto sulla legge sia sbagliato o non andasse affrontato e chiarito, poi però bisogna andare oltre e utilizzare l’errore per stimolare una discussione non fermarsi lì.
Abbiamo bisogno di parlarne, abbiamo bisogno di parlarne principalmente con degli uomini. Ho bisogno che me lo si sbatta in faccia quanto sia radicato questo sistema di occultamento, perché con ogni probabilità se avessi ragionato un po’ di più e avessi aspettato a pubblicare quell’articolo ora anche io starei pontificando sulla necessità di informarsi.
Invece no, io ho aspettato le marea salisse evitando di gridare allo scandalo, ho trattenuto il fastidio (anche io) ma davanti allo sventolare di bandiere prima che si fosse capito il tema.
Sono stanca dell’indignazione web, e dell’indignazione cieca che mette tutto in un unico calderone e non seleziona e differenzia.
Nel gruppo #donnexdonne stiamo provando a fatica a trovare una via diversa, che parta da una funziona basilare … la prevenzione.
Ma come dice una amica indignarsi ha più appeal, da una forza maggiore ed apparente, sicuramente aumenta i clic sul web.
(e intanto non ingaggia mai gli uomini).
intanto il tema violenza andrebbe declinato (e l’urlo rabbioso lo impedisce) e le facce della violenza andrebbero colte.
Oppure è tutta colpa degli uomini e me ne posso andare a casa pacificata, dopo aver buttato la rabbia in rete?
No.
Non ci riesco, le radici della violenza sono molteplici, il tema del possesso è trasversale, è sociale e culturale, lo alimentiamo diversamente femmine e maschi ma lo alimentiamo.
Ma se non capiamo come continueremo a stilare elenchi di donne morte, di operai ammazzati da padroni che sfuttano(le chiaman morti bianche con delicatezza, che da sempre gli uomini son carne da macello, guerra, industria, chiediamolo ai morti di amianto per esempio) e via dicendo.
I morti in campo sono tanti e troppi, per farne una massa critica.
Sono troppi per non andare alla radice, alla base.
Ma siccome si fa fatica meglio fare un mazzo di tutto.
La violenza è patrimonio degli uomini, da sempre, un lascito culturale che ben poche culture sanno veicolare e far maturare (uno per tutti il kung fu shaolin e qualche arte marziale rimata nel suo alveo etico, senza divenir sport), e che pochi uomini si sono sentiti legittimati a trasporre in altro modo.
La violenza ci attraversa tutti, ma alle femmine viene inibita e ai maschi no.
Salvo poi passare per altri canali.
I maschi sono forti e le femmine deboli, per antonomasia, i maschi sono fragili psichicamente e le donne forti… una stereotipizazzione inesaurita.
Intanto la violenza resta e gli uomini si ammazzano tra loro di più, e si suicidano di più delle donne. Sono dati statistici.
Quindi una mattanza continua …
allora io da un bel po dico che il tema su cui stare, pretendere, osare, insistere indignarsi è la cultura, è la scuola, è la formazione, è la famiglia è parlare di prevenzione, di rispetto, di cultura, di diversità, di accettazione, di non violenza, o di farla evolvere senza scoppiare, senza insegnarla inconsapevolmente…
Io non oscuro il mio profilo facebook per indignazione, ma continuamente ribadisco quello che sto ribadendo ora.
E poi a bocce ferme, sto anche riflettere su un diritto, che fa onore alla giurisprudenza sulla parificazione della possibilità della carcerazione preventiva o delle pene alternative (prima del giudizio) e poi provo a capire se occorre modificare la norma per i reati sessuali, perchè i dati evidenziano il rischio di reiterazione del reato e questa rappresenta una necessità, o occorre “semplicemente” rendere più efficaci tutte le forma di tutela sulle vittime …. e a questo punto rendere l’indignazione efficace e strategica …
stay human
monica
Juri, non so se avesse ragione Gramsci a pensare che la verità è rivoluzionaria, ma di certo la non-verità non lo è. Ti faccio un esempio che esula dal tema in questione per ragionare a mente più serena. Ai tempi del referendum sul nucleare, prima dell’incidente di Fukushima, la vittoria del SI’ era tuttaltro che scontata e volevo partecipare ai tanti dibattiti in Rete sull’argomento. Di norma, i nuclearisti erano per lo più portatori di una visione tecnocratica e scientista, mentre noi anti-nuclearisti dimostravamo sicuramente una sensibilità maggiore sul tema della sicurezza e del principio di precauzione: eppure, quando si entrava nel tecnico parlando di radiazioni ed energia, in quanto non esperti commettevamo inesattezze (a volte anche grosse) che ci venivano subito rimarcate, e che influenzavano non poco il pubblico neutrale che rimaneva impressionato per la loro ‘competenza’; risultato finale, la nostra opera di sensibilizzazione veniva fortemente inficiata per quanto sicuramente mossa da intenti validissimi.
L’importanza di queste tematiche è troppo importante per rischiare di passare per paranoici o isterici malinformati; o peggio ancora, passare per gente per cui il fine giustifica i mezzi; proprio perché, come dici tu, c’è gente in malafede che non vede l’ora di approfittarne.
Una cosa che importante che ha fatto la Spinelli è ricordarci che la lotta alla violenza sulle donne è un fatto di civiltà e democrazia per nulla in contrasto anzi perfettamente coerente con la tutela degli imputati, che è un altro fatto di civiltà e democrazia. Se si fosse trattato di un altro argomento, non so se avremmo accettato volentieri una campagna stampa per un procedimento ancora in corsa di cui erano assolutamente sconosciute le circostanze indiziarie (ovviamente commentare una sentenza o un provvedimento motivato è sacrosanto): avremmo forse detto che era in corso un tentativo di influenzare i giudici.
Quindi io non parlerei di rimozione (almeno per noi che siamo qua a parlarne), ma di un tentativo di ragionare anche quando la ‘pancia’, per usare la tua espressione, ci spingerebbe ad atteggiamenti abbastanza giustizialisti e draconiani. La Spinelli ha dato un grande contributo in questo senso.
Tra l’altro, la sottovalutazione del problema può avvenire non solo tramite la rimozione, anzi direi che spesso avviene sbattendo in faccia all’opinione pubblica fatti giudiziari persino veri. Pensate al caso di Salvatore Parolisi e Melania Rea: a furia di presentare questo tizio come un mostro, si lascia totalmente sullo sfondo il fatto che questo è la punta di un iceberg di un problema nazionale.
Per questo condivido con Monica l’idea che forse il terreno di lotta contro la violenza prende spunto soprattutto dalla prevenzione.
Concordo pienamente sul discorso della prevenzione,andrebbe fatta assolutamente, ma per farla è necessario che si percepisca il problema e lo si assuma come società. Quello che dico è che in tanti interventi di questi giorni non ho visto quest’assunzione, questa consapevolezza, anzi vi ho ravvisato un tentativo di sviare la discussione riportarla su altro. Nel post qui sopra, ribadisco che c’è stato un errore, anche mio, nel riportare la notizia, bene questo è chiaro e limpido. Ora però che facciamo con tutte quelle persone che riducono tutto a questo, come facciamo capire principalmente agli uomini come me che c’è bisogno di assumere il problema e di affrontarlo, anche, come tema sessuato?
@ Igor, non ho mai inteso prendere una strada giustizialista (percorso che non mi appartiene) e quando ho capito di aver sbagliato la lettura me ne sono fatto carico senza problemi, me ne faccio carico anche ora. Adesso però proseguiamo il discorso. La sentenza non diceva quello, bene. E’ innegabile però che ci sia stata una reazione che mostra quanto questo tema sia presente e spesso ignorato, discutiamo adesso di come affrontarlo o lo lasciamo sparire fino alla prossima bolla mediatica?
Io penso che la strada giusta sia quella intrapresa da associazioni come Donnepensanti di andare oltre al caso giudiziario, di ricercare quelle forme di discriminazione e prevaricazione nella vita sociale in qualche modo ‘preparatorie’ della violenza vera e propria. Altrimenti diventa tutto come Amore criminale o Quarto Grado.