#apply 194
La consulta ha dichiarato inammissibile la richiesta di incostituzionalità su l’articolo 4 della legge 194.
Bene, quindi tutto a posto?
Assolutamente no.
Quel diritto è posto costantemente sotto attacco, basta leggere come la notizia viene commentata sull’avvenire di oggi da Lucio Romano (presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita), che rilancia la necessità di arrivare ad una modifica che tenga conto del diritto all’obiezione di coscienza, ma che evidentemente ignori il diritto delle donne, sancito dalla legge.
Si mette quindi, ancora una volta, la confessione davanti alle persone.
Bisogna quindi attivarsi perché l’attenzione e le azioni per la salvaguardia e l’applicazione della 194 continuino.
Per questo rilanciamo il post firmato da Blogger Unite(D) e condiviso da :
Vita da streghe, Giovanna Cosenza, Marina Terragni, Associazione Pulitzer Loredana Lipperini
E’ accaduto ieri. Mentre i giudici della Consulta decidevano sulla legittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge 194 sull’interruzione di gravidanza, erano a Roma, Napoli, Salerno, Bologna, L’Aquila, Mestre, Torino, Milano, Livorno, Reggio Calabria. Erano a Londra. Erano in rete: su Facebook, dove venivano condivise notizie e fotografie dai presidi. Erano su Twitter, dove l’hashtag #save194 veniva rilanciato continuamente fino all’annuncio: la Corte respinge il ricorso giudicando “manifestamente inammissibile” la questione di legittimità sollevata.
Erano le donne e gli uomini che ribadivano diritto di scelta. La sentenza ha dato loro ragione.
Tutto finito? No. Tutto comincia, e comincia adesso.
Accendere i riflettori su una questione significa porla in primo piano, dove è giusto che sia. In queste settimane molte donne e uomini si sono chiesti come mai occorra, ancora, difendere una legge degli anni Settanta.
Occorre difenderla, è la risposta, perché quella legge non solo viene posta sotto attacco da anni, in innumerevoli campagne che da questo momento non vanno più, per motivo alcuno, definite “pro life”, ma solo e unicamente “no choice”.
Occorre difenderla perché è come se non ci fosse. Perché la percentuale di obiezione di coscienza (oltre il 90% nel Lazio, ma con numeri altissimi in tutte le regioni italiane) fa sì che per molte donne sia più semplice andare altrove. Rivolgersi a un privato, o espatriare (come fanno altre donne: quelle cui la legge 40 impedisce, di fatto, di diventare madri).
Occorre difenderla non solo perché verrà attaccata ancora, ma perché, fra pochi anni, non ci saranno più neanche quei pochi ginecologi che la attuano, oggi, fra mille difficoltà.
Occorre difenderla e rilanciare:
– con una legge che introduca educazione sessuale e al genere nelle scuole, e campagne sulla contraccezione
– con il rafforzamento dei consultori
– con una presa di posizione netta e pubblica sulla non liceità dell’obiezione di coscienza dei farmacisti per quanto riguarda la pillola del giorno dopo
– con la possibilità reale e diffusa di usufruire della ru486
– con misure che garantiscano l’ingresso negli ospedali di nuovi medici non obiettori e di tutte le altre che sarà possibile mettere a punto in Italia e in Europa, con un coinvolgimento dei rappresentanti dei cittadini che non sia occasionale.
Perché il momento è adesso. I diritti che garantiscono libertà e dignità non sono un ripiego, non sono questione da rimandare a causa di una delle crisi economiche più drammatiche vissute da questo paese. I diritti sono ciò su cui questo paese si regge. Da questo momento, dunque, #apply194.
Il medico obiettore agisce in nome di una morale religiosa e rifiuta l’assistenza alle donne perché hanno agito fuori dalle regole della morale.
E’ un diritto del medico agire così.
Le donne hanno il diritto di rifiutare i suoi valori.
L’ovulo fecondato da poche ore è già un uomo o l’embrione ha gli stessi diritti della persona nata o la pillola del giorno dopo è abortiva, queste sono regole morali della chiesa cattolica, non sono leggi.
Nessuna legge Italiana obbliga le donne a obbedire a una morale.
Ciao Averardo
Capisco il tuo punto di vista, ma siamo in uno stato laico che attraverso una sua legge garantisce un diritto.
L’obbiezione di coscienza, anch’essa sancita dalla legge, non può però nei fatti diventare un’impedimento al godimento del diritto stesso. Se si creano situazioni in cui l’accesso all’ivg non è più garantito o se si impone la cosa partendo da un punto di vista religioso, questo diventa un fatto grave che va sanzionato ed evitato anche con modifiche all’obbiezione stessa. A mio parere poi l’idea stessa dell’obiezione sta diventando anacronistica, per lo meno per i nuovi medici , anestesisti, infermieri ecc. Quando si decide di intraprendere quella carriera si è informati del servizio che sarà richiesto. Potevo capire l’obbiezione per chi all’epoca dell’introduzione della 194 stava già operando, ma ora mi sembra una posizione religiosa che non dovrebbe trovare spazio nello stato laico