La mia Islanda
Dice, perché stai così bene quando leggi i romanzi di Auður Ava Ólafsdóttir? Dev’essere anche perché l’Islanda sa accogliermi in un calore aspro, insieme selvaggio e familiare. Senza orpelli, né retorica. L’Islanda calma il mio anelito alla libertà e la mia fame di interni domestici, dolci senza essere leziosi, e possibilmente in legno.
Islanda è la mia amica Rósa, conosciuta a Coimbra nel 1995, in erasmus. Abbiamo convissuto per nove mesi, i nove mesi dopo che ero stata aggredita, da un giovane col cappuccio della felpa che gli schiacciava i lineamenti al centro della faccia, che una notte, mentre rientravo allo studentato, mi ha seguita e mi ha sbattuta per terra, facendomi urlare così forte che una signora si è affacciata alla finestra e lui è scappato via. In erasmus ho dormito pochissimo la notte, studiato ancora meno, ho fatto più sesso di quello che in media avevo cominciato a fare a casa, ma quell’aggressione mi scavava dentro momenti di terrore. Delle notti non volevo nemmeno andare in bagno e mi tenevo una catinella nella stanza chiusa a chiave, per farci la pipì. Una sera ero così angosciata che ne ho parlato con Rósa e lei mi ha detto solo che io ero più forte di quello che potevano farmi, poi mi ha tenuta nel letto con sé, abbracciandomi da dietro, rannicchiate in una sagoma raddoppiata.