Le brevi lezioni di meraviglia di Rachel Carson
Mentre porta Roger, il nipote di venti mesi, in mezzo alla natura del Maine, l’autrice impara dalla postura del bimbo una nuova relazione col mistero della vita: è
l’accettazione infantile di cose primordiali, senza alcuna paura del canto del vento, dell’oscurità, delle onde ruggenti, mentre intraprendeva col suo entusiasmo di bimbo la ricerca di un “granchio”. (9)
Il bimbo che nel 1955/’56, quando l’autrice scrive, ha ormai quattro anni, dimostra di apprezzare molto le avventure in natura con la zia, che si danno sia col bello che col cattivo tempo – il bosco inzuppato di pioggia dà i suoi migliori colori e inebria con i suoi odori – che accadono di giorno ma anche di notte e si fondano sulla voglia di divertirsi più che sull’obiettivo di imparare. La biologa, che raggiunse fama mondiale col suo Primavera silenziosa nel 1962, mostrava al nipote il suo piacere nello stare in mezzo alla natura e richiamava l’attenzione del bimbo su alcuni dettagli, senza nessuna pretesa enciclopedica. Lui memorizzava. Parecchio stupendola, sempre. Quelle in cui lo coinvolgeva erano contemplazioni di spettacoli naturali che normalmente i bambini si perdono:
Credo sinceramente che per il bambino, e per il genitore che cerchi di guidarlo, conoscere non sia neanche lontanamente importante quanto sentire. Se le nozioni sono i semi che più avanti producono conoscenza e saggezza, le emozioni e le impressioni dei sensi sono il terreno fertile in cui quei semi devono crescere. Gli anni della prima infanzia sono il momento adatto per preparare il terreno. Quando le emozioni saranno state risvegliate – un senso di bellezza, l’eccitazione per ciò che è nuovo e sconosciuto, un sentimento di partecipazione, compassione, ammirazione o amore – allora sì che desidereremo conoscere l’oggetto della nostra risposta emotiva. Una volta trovato, il suo significato durerà per sempre. (p. 18, traduzione di Miriam Falconetti)
Straniare lo sguardo per tornare a vedere:
Che effetto mi farebbe se lo vedessi per la prima volta? E se sapessi che non potrei vederlo mai più? (20)
Anche se non si sa molto della natura, basta poco per coinvolgere i bambini: una lente d’ingrandimento, una torcia, e poi abituarci ad ascoltarli in quella loro prossimità al suolo che un tempo abbiamo provato anche noi e che gli permette di notare dettagli che ora ci sfuggono, microcosmi in miniatura che loro sanno popolare attraverso un’immaginazione ancora limpida, suoni sparsi da fonti misteriose che ci si può divertire a identificare.
Penso che il gioco dei nomi abbia senso a seconda di come lo si affronta. Se diventa un gioco fine a se stesso non credo sia molto utile. Possiamo stilare liste infinite di creature osservate e riconosciute, senza però essere mai riusciti a cogliere, neppure per un attimo, la meraviglia mozzafiato della vita. La domanda di un bimbo che rivelasse anche solo una vaga consapevolezza del mistero che sta dietro all’arrivo di un beccaccino sulla spiaggia una mattina d’agosto mi rallegrerebbe molto di più del mero fatto di
aver riconosciuto che era un beccaccino e non un piviere.
Qual è il valore di preservare e rafforzare questo senso di stupore e meraviglia, la consapevolezza di qualcosa che va al di là dei confini dell’esistenza umana?
Esplorare il mondo naturale è solo uno dei tanti modi di trascorrere le ore felici dell’infanzia o c’è qualcosa di più profondo? […]Coloro che vivono tra le bellezze e i misteri della terra – siano essi scienziati o persone comuni – non saranno mai soli o stanchi della vita. A dispetto delle contrarietà e delle preoccupazioni dell’esistenza, i loro pensieri sapranno trovare strade che conducono all’appagamento interiore e a un rinnovato entusiasmo nei confronti della vita.
Chi contempla la bellezza della terra trova riserve di forza che dureranno quanto la sua stessa vita. C’è una bellezza simbolica oltre che reale nella migrazione degli uccelli, nel flusso e riflusso della marea, nel bocciolo chiuso in attesa della primavera.
C’è qualcosa di infinitamente terapeutico nel continuo ripetersi della natura: la certezza che l’alba giungerà dopo la notte, e la primavera dopo l’inverno.
(pp. 32-33)
Colgo l’occasione per ringraziare l’Aboca per gli ottimi libri che pubblica e per le belle edizioni di carta spessa, spesso con illustrazioni del mondo naturale che stregano.
Rachel Carson, Brevi lezioni di meraviglia, con le illustrazioni di Elisa Talentino. Traduzione di Miriam Falconetti. Aboca Edizioni, 2020.