“Tutte insieme possiamo fare scudo”. Il 25 novembre in terza media.
Come in prima, anche in terza, le attività legate al 25 novembre si sono integrate naturalmente nel nostro percorso di educazione alla scrittura collegandosi anche all’ultimo argomento studiato in storia dove, nell’approfondimento sulla Resistenza fatto in occasione della commemorazione dell’eccidio di Casteldebole, il 29 ottobre scorso, avevamo guardato e commentato insieme un documentario sulle partigiane delle zone fra Modena e Ravenna, La mia bandiera – Resistenza al femminile, di Giuliano Bugani e Salvo Lucchese.
Nella nuova scuola, dove insegno dal 1 settembre, i percorsi che prima svolgevo in aula senza troppo clamore, vengono stimolati e valorizzati grazie alla collaborazione con il territorio (il quartiere, UDI e Anpi, fra gli altri) e a un gruppo di colleghe motivate e luminose.
Ai primi di ottobre, avevo assistito in Sala Borsa alla presentazione del libro di Eve Ensler, Chiedimi scusa!, dove la scrittrice, che con i suoi Monologhi della vagina ha catalizzato negli ultimi vent’anni una rivoluzione culturale di massa fra le donne di tutto il mondo, immagina che il padre, morto ormai più di trent’anni fa, le scriva una lunga lettera di scusa per avere abusato di lei da quando aveva cinque anni. L’incontro mi aveva toccata nel profondo – Eve è una maestra di vita, nella sua trasparenza, nella sua eccezionale disposizione all’ascolto alieno da ogni giudizio, nella sua solarità empatica – e la mattina dopo ne avevo parlato in classe. Alcune ragazze soprattutto avevo visto che erano rimaste molto colpite.
Ho pensato allora di far confluire diversi spunti in un unico percorso che avrebbe avuto come obiettivo la creazione dei testi per i cartelloni con le scarpe rosse, tutte decorate in maniera diversa e tenute da un metaforico filo sottile, realizzati con la collega di arte.
Per questo nel laboratorio di scrittura sul 25 novembre ho pensato di mettere anche Io sono emozione, un testo che Eve ha scritto rivolgendosi alle adolescenti e chiamandole, con un’espressione che amo molto, “un’incredibile risorsa di energia pulita”. Due gruppi di ragazze hanno lavorato ognuno a partire da una poesia di questa raccolta, La mia gonna corta e il Manifesto delle donne, realizzando due testi intrisi di orgoglio, consapevolezza e di volontà di autodeterminazione. Un gruppo ha spiegato, esercitandosi così nella stesura di un testo espositivo, l’origine e il significato della Giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne, spaziando dal globale – la recente origine del simbolo delle scarpe rosse – al locale – il Festival La Violenza illustrata di Bologna, iniziativa unica in Italia: tre settimane interamente dedicate al tema. Un altro gruppo ha illustrato il significato e l’origine del termine femminicidio, che si sta diffondendo negli ultimi anni, a dare specificità a un fenomeno che troppo a lungo si è voluto sminuire, ignorandone le gravissime implicazioni culturali.
Da tempo, inoltre, volevo proporre una riflessione a partire da un denso libriccino che il mio amico filosofo Alberto Meschiari ha scritto rivolgendosi agli adolescenti, la Lettera ai giovani sull’amore. Quattro ragazzi l’hanno letta insieme e poi hanno elaborato a otto mani una breve lettera alle ragazze: all’inizio hanno avuto qualche difficoltà, schernendosi e affermando che non avevano nulla da dire, poi però hanno abbassato le difese ed è venuto un testo che li ha rivelati alle loro compagne – e forse anche a sé stessi – in una luce diversa da quella in cui solitamente si mostrano: ne erano stupiti anche loro. Il nostro lavoro, come si vede, integra testi informativi con composizioni di sapore letterario, come le poesie scritte dalle ragazze a ricalco dei versi di Eve Ensler o i testi creati da due gruppi misti per genere sul modello dei monologhi scritti da Serena Dandini per Ferite a morte. Qui gli studenti hanno scelto due femminicidi recentissimi – di poche settimane fa – e hanno scritto dal punto di vista delle due donne uccise. L’effetto è forte e disorientante. I nomi prendono corpo, facendosi persone autentiche e restituendo così lo spessore di tragedie troppo spesso spersonalizzate dai media.
La scuola si fa luogo della riconquista dell’umano attraverso la presa di coscienza della vulnerabilità che tutti ci accomuna.
Noi siamo donne, scritta da Alice, Bianca, Eleonora e Francesca, ispirandosi al Manifesto delle giovani donne di Eve Ensler:
Donne,
ecco cosa vi diranno:
è il tuo aspetto che conta non quel che pensi,
sei debole,
non siete brave,
la gente approfitterà di te,
se lui ti violenta arrenditi…
tutte balle!
Se siete sicure di voi,
niente vi potrà fermare.
Non arrendetevi al primo ostacolo.
Se qualcuno vi giudica, vi parla alle spalle, vi insulta
siate forti, coraggiose.
Se qualcuno vi farà del male
non scoraggiatevi
difendete i vostri diritti
denunciate!
I vostri pensieri valgono più dei loro,
loro, i malvagi
che non sanno veramente
come stanno le cose.
Uniamoci!
Tutte insieme possiamo fare scudo.
Contro comportamenti possessivi e incivili.
Noi non siamo una possibilità tra tante.
Noi siamo noi,
siamo donne!